martedì 22 gennaio 2013

Le nostre colpe verso i Paesi Poveri



di Miki Biasi

L'uomo, per natura, deve compiere delle SCELTE e ogni scelta implica la rinuncia a qualcosa, cioè il COSTO di quella scelta. Se egli si accorge che la scelta fatta è errata, il costo si trasforma in un RIMPIANTO. Diversamente, quell'uomo sarà soddisfatto della propria scelta.
Nel nostro tempo, tuttavia, molti esseri umani pretendono di scegliere non solo per se stessi, ma anche per gli altri. Succede, così, che ogni scelta implichi sempre un rimpianto per qualcuno: costui può essere tanto chi non riesce a imporre le proprie scelte agli altri, quanto chi si vede imporre una scelta da parte di altri.

Qual è, oggi, il rimpianto per eccellenza?
Trattasi, ovviamente, del modo in cui, ciascun uomo, decide di spendere i propri guadagni: non sono pochi coloro che si lamentano quando spendiamo il nostro denaro in quelli che, ai loro occhi, appaiono frivolezze o bisogni "artificiali".
Cosa suggeriscono, allora, questi signori? Per cosa dovremmo utilizzare i nostri guadagni?
Ebbene, la loro risposta è che dovremmo usarli per aiutare le popolazioni dei Paesi più poveri: con il denaro risparmiato (tramite la rinuncia alla soddisfazione di alcuni nostri bisogni "artificiali") potremmo inviare cibo, indumenti e cure mediche a questi popoli in difficoltà.

Chi potrebbe dir di no ad una tale proposta?
 Infatti, noi non dubitiamo delle buone intenzioni di coloro che la avanzano: essi non vogliono altro che aiutare gente in difficoltà. Il loro fine è lodevole e va incoraggiato perché l'uomo non deve essere insensibile alle sofferenze altrui.
Ciò che contestiamo è l'efficacia dei mezzi proposti per raggiungere questo lodevole scopo: l'invio di cibo, indumenti e cure mediche potrà aiutare queste popolazioni  nel breve termine, ma nel lungo termine segnerà la loro condanna.

Alcune parole di Ludwig von Mises saranno utili per dimostrare la nostra TESI:



I mezzi di sussistenza sono scarsi per tutte le specie di esseri viventi. Di qui l'esistenza di una concorrenza biologica tra i membri di tutte le specie ed un irriducibile conflitto di interessi vitali. Soltanto una parte di quelli che nascono può sopravvivere. Alcuni muoiono perché altri membri della loro specie hanno sottratto loro i mezzi di sussistenza. Una implacabile lotta per l'esistenza si svolge tra i membri di ogni specie proprio perché fanno tutti parte della stessa specie e si fanno concorrenza per le stesse occasioni scarse di sopravvivenza e di riproduzione. Solo l'uomo, grazie alla sua ragione, ha sostituito la cooperazione sociale alla concorrenza biologica. Ciò che ha reso possibile questa cooperazione sociale è, senza dubbio, un fenomeno naturale: la maggiore produttività del lavoro ottenuta in virtù del principio della divisione del lavoro e della specializzazione dei compiti. [...] Finché esiste cooperazione sociale e la popolazione non supera la dimensione ottimale, la concorrenza biologica viene sospesa. nota 1


(Su queste parole si potrebbero scrivere libri, ma noi ci accontenteremo di sviluppare quei pochi concetti utili a comprendere gli effetti della spedizione in massa di cibo, vestiario e cure mediche ai popoli più poveri).

Tutte le specie di esseri viventi sono sottoposte alla seguente legge biologica: la loro popolazione tende a crescere fino al limite segnato dai mezzi di sussistenza disponibili.
Da ciò, derivano due conseguenze:
- un eccessivo aumento di popolazione riduce il "tenore medio" della vita di ciascuno ma, trovandoci già ai limiti della sussistenza, questo problema deve risolversi con la morte degli elementi in sovrappiù;
- dovendosi distribuire una provvista (di mezzi) non suscettibile di aumento, è possibile  accrescere il proprio benessere solo a scapito di quello altrui.
Tuttavia, poiché i componenti di queste specie tendono SOLTANTO al nutrimento e alla soddisfazione sessuale, pur immaginando la possibilità di un aumento dei mezzi di sussistenza , ciò accrescerebbe la popolazione fino ai limiti segnati dalla mera sussistenza e NULLA rimarrebbe per la soddisfazione di altri bisogni.

Quanto appena descritto, è la situazione di "concorrenza biologica" che interessa tutti gli esseri viventi meno che uno, in quanto, stando alle parole di Mises, l'uomo non sarebbe interamente soggetto a questa legge biologica. Cerchiamo di comprendere il perché, sempre utilizzando le parole di Mises:

Ciò che rende possibile le relazioni amicali tra gli esseri umani è la più alta produttività della divisione del lavoro (cooperazione sociale). Essa  rimuove i naturali conflitti di interesse. Perché dove vi è divisione del lavoro ivi non vi è più questione di una provvista non suscettibile di aumento. Grazie alla più alta produttività del lavoro eseguito nella divisione dei compiti, la provvista dei beni si moltiplica. nota2


Dunque, la cooperazione sociale, facendo si che ognuno dedichi le proprie forze alla produzione dei beni in cui meglio riesce, permette un aumento dei mezzi di sussistenza. nota 3
Tuttavia, come abbiamo visto accadere per gli altri esseri viventi, questo aumento sospenderebbe la "concorrenza biologica" solo per un breve periodo, in quanto la popolazione si adeguerebbe presto ai nuovi mezzi di sussistenza, dal momento che i propri componenti tendono SOLO al nutrimento e alla soddisfazione sessuale.
L'uomo, però, è in grado di superare anche questo ostacolo proprio perché egli "vuole qualcosa di più che vivere e fare all'amore; egli vuole vivere umanamente": in una parola, l'uomo (per dirla con Frédéric Bastiat) è perfettibile nota 4. Una volta soddisfatti i bisogni che lo accomunano alle altre specie viventi, l'uomo desidera soddisfare bisogni specificamente umani.
Dunque, se è vero che il miglioramento delle condizioni (dovuto alla divisione del lavoro) comporta normalmente un aumento della popolazione, tuttavia, nel caso dell'uomo, questo aumento resta molto al di sotto dell'aumento della mera sussistenza. La perfettibilità, che limita l'uomo nella sua riproduzione, si esprime tentativo di assicurare, a se e ai propri discendenti, un tenore di vita non minore di quello raggiunto.

Queste sono le condizioni necessarie per aumentare il tenore di vita di ciascuno, senza indesiderati sconvolgimenti nel lungo termine.


Fatte queste dovute precisazioni, risulta semplice comprendere gli effetti che stanno provocando i rimpianti di quei signori citati inizialmente:
inviare cibo, vestiario e cure mediche significa aumentare la quantità di mezzi a disposizione per persone la cui cooperazione sociale (divisione del lavoro) è fortemente disincentivata dai rispettivi governi.
 I nostri aiuti hanno il solo effetto, deleterio, di diminuire i saggi di mortalità senza diminuire adeguatamente quelli di fertilità, provocando così un aumento della popolazione insostenibile a causa della scarsa cooperazione sociale. La cooperazione sociale (divisione del lavoro) è, infatti, l'unico modo che gli esseri umani hanno per aumentare, realmente, i mezzi a propria disposizione ed elevare il proprio tenore di vita.
Con il nostro comportamento, stiamo contribuendo alla diminuzione del "tenore medio" di vita dei componenti di quelle popolazioni, conducendole verso una "concorrenza biologica" in cui la soddisfazione dei bisogni primari di uno comporta la mancata soddisfazione per altri. A ciò si aggiungano le pratiche dei governi populisti che, alla "concorrenza biologica", aggiungono quella nell'accaparrarsi favori.

La nostra colpa verso i Paesi più poveri non è l'aver esportato beni materiali, ma l'averlo fatto senza esportare anche la fonte di quei beni materiali: la cooperazione sociale.

Questi popoli hanno bisogno di capitalismo.





Nota 1: Ludwig von Mises - Teoria e storia, pp. 84-86
Nota 2: Ludwig von Mises - L'azione umana, pag. 685
Nota 3: per una efficace spiegazione della cooperazione suggerisco suggerisco questi 3 video QUI, QUI e QUI
Nota 4:
Frédéric Bastiat - Armonie economiche, pag. 512

4 commenti:

  1. No,queste popolazioni non hanno bisogno di capitalismo nè dei sedicenti aiuti umanitari che solitamente vanno a foraggiare i dittatori che più piacciono all'Occidente.Queste popolazioni hanno bisogno di essere lasciate in pace,e l'Occidente ha bisogno di non vivere alle spalle altrui da parassita come ha fatto e fa ancora e di smetterla di dichiarere guerre,fomentare guerre civili,e compiere genocidi per rubare risorse da usare per il suo benessere.L'unica soluzione ragionevole e libera è questa:basta colonialismo in Terzo Mondo e possibilità di autodeterminazione per quei popoli lì.Le tesi colonialiste e imperialiste dell'esportazione del capitalismo,democrazia e libertà(leggasi bombe,violenza e guerra permanente)lasciamole ai vari Obama e ai guerrafondai umanitaristi.

    RispondiElimina
  2. Non credo che Miki intendesse esportazione di capitalismo con la forza, ma semplicemente come diffusione di una cultura.
    Precisiamo anche che capitalismo non è sinonimo di imperialismo, colonialismo e intrighi internazionali segreti, che sono invece perfetti sinonimi di statalismo.

    Tommaso Cabrini

    RispondiElimina
  3. Concordo esattamente con quanto lei scrive, d'altronde sono un liberale e ripudio la guerra come mezzo per la pace.

    Quando parlo di esportare il capitalismo, di certo non mi riferisco ad iniziative degli Stati Occidentali in quanto in essi il capitalismo è stato annullato nei suoi punti fondamentali. Mi riferisco a coloro che portano materialmente cibo e altro. Il compito di chi sta qui, invece, dovrebbe essere quello di ripristinare il capitalismo in occidente, prima del collasso.

    Ovviamente, se io e lei non intendiamo la stessa cosa con la parola capitalismo, la nostra conversazione rischia di non essere costruttiva in quanto fondata su fraintendimenti.

    Miki Biasi

    RispondiElimina
  4. Tommaso mi hai preceduto di 5 minuti xD

    Grazie :)

    RispondiElimina