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sabato 2 febbraio 2013

Giacomo Zucco fulmina Mario Monti

di Paolo Amighetti
 

 
Chissà cosa si aspettava Mario Monti ieri sera. Di non essere accolto con calore, forse. Di essere messo «alla berlina», come si suol dire, da qualche domanda scomoda. Timori infondati, dopotutto. Già verso la fine della trasmissione il professore poteva gongolare: «"Leader" ha la fama di essere una trasmissione difficile per chi viene invitato. Io questa difficoltà non l'ho riscontrata, o forse non l'ho capita; in tal caso me ne scuso». Ma per colmo di sfortuna, ieri alla corte di Lucia Annunziata c'era anche Giacomo Zucco. Non è stato maleducato, non ha alzato la voce, non ha offeso. Ha apostrofato il premier chiamandolo «Tremonti diviso tre», ma come ha detto la stessa Annunziata, «l'irriverenza a "Leader" è gradita». Il portavoce del Tea Party Italia ha semplicemente posto una domanda, anzi la domanda che tutti noi avremmo voluto fare al tecnico dei tecnici: perché Monti ha scelto di alzare le tasse e dilatare la spesa pubblica quando tutti e tutto (dall'Europa, al FMI, al buonsenso) indicavano che era necessario, viceversa, tagliare le tasse e diminuire la spesa? Come mai il governo ha fatto l'esatto contrario di ciò che sapeva di dover fare? Ha elencato Zucco: «Le tasse sono aumentate; ha introdotto nuovi tipi di tasse; le imposte non hanno ridotto il debito; ha aumentato la spesa corrente; ha programmato un aumento di tasse fino a 22 miliardi di euro; parlava di liberalizzare il lavoro, e la Fornero ha fatto l'opposto». Presa la parola, Monti ha dato spettacolo. Si è lanciato in dichiarazioni acrobatiche, una parola vuota dietro l'altra: insomma, non ha detto nulla. Una scena muta, impietosa. Da scolaretto, altro che professore. «Dovrò valutare più attentamente non tanto le critiche tecniche, ma le riserve di ordine morale e comportamentale che mi sono state rivolte. Farò una autoflagellante riflessione». Cosa c'entri tutto ciò con la domanda di Zucco, è mistero. «Chiedere è lecito, rispondere è cortesia» dice un proverbio. Monti ha parlato cortesemente, senza dubbio. Ma non ha risposto.

sabato 26 gennaio 2013

Cronaca da Bologna: assemblea di Forza Evasori

di Tommaso Cabrini


10.40 inizia l'assemblea, presenti circa una trentina di persone

10.42 prende la parola Giorgio Fidenato

10.45 l'intervento di Fidenato inizia con autocritica e preoccupazione, dispiaciuto per la scarsa partecipazione anche al Movimento Libertario, con la fuga di molti partecipanti verso Fermare il Declino

10.52 "se qualcuno non ci mette anima e corpo, non è disposto a seguire, a viaggiare e anche a mettere i soldi in quello in cui crede, non ci interessa. Chi vuole trova il tempo."

mercoledì 23 gennaio 2013

Catalogna: approvata la «dichiarazione di sovranità»


Il parlamento catalano ha approvato oggi la dichiarazione di sovranità presentata da Convèrgencia i Uniò e Esquerra Republicana: 85 i voti favorevoli, 41 i contrari, 2 gli astenuti. Prosegue così il processo iniziato il 25 novembre scorso, dopo la vittoria elettorale dei separatisti (di «destra» e «sinistra») e il loro accordo per una prossima consulta referendaria. Al lento distaccamento della società catalana da quella spagnola corrisponde ora un percorso istituzionale lineare. La strada rimane in salita, ma è stato fatto un importante passo avanti.  

domenica 20 gennaio 2013

Partiti personali? Il male minore

di Paolo Amighetti
Stamattina, il Giornale di Brescia si è affidato alla penna di Roberto Chiarini per un giudizio tagliente sui cosiddetti «partiti personali». Il sunto del fondo, che riprende una recente affermazione di Bersani, è pressappoco questo: la democrazia italiana è in fin di vita a causa dei leader che fondano un partito a loro immagine e somiglianza. Chi costituisce un gruppo o un movimento per diventarne l'unico simbolo, l'unica bandiera, ha la colpa di tutto. Scrive Chiarini: «A lungo da noi si è opposta una strenua, cieca resistenza ad ogni forma di personalizzazione della politica. Non si voleva prendere atto che sono finiti i tempi dei cosiddetti "partiti chiesa". Questi avranno anche avuto il loro papa ma si reggevano pur tuttavia su una schiera nutrita di officianti e soprattutto su una sterminata massa di fedeli. Con la fine delle ideologie, il trionfo dell'individualismo e il passaggio ad una comunicazione politica dominata dal mezzo televisivo si è consumata una rivoluzione nel modo d'essere dei partiti: la loro causa si è identificata praticamente solo con una faccia, mentre il loro corpo si è enormemente smagrito e svigorito finendo quasi a scomparire.» Ohibò. Dunque, dopo la sepoltura della «prima repubblica», dopo la morte del pentapartito e della partitocrazia vecchio stampo, dopo una mezza rivoluzione non riusciamo a chiedere di meglio che il ritorno agli apparati elefantiaci, all'onnipotenza delle segreterie? Non ci eravamo stufati dei «partiti chiesa»? Non ci davano ormai fastidio le liturgie, i sermoni, i paramenti dell'ideologia?