martedì 8 gennaio 2013

Conseguenze indesiderate


di Stephen J. Dubner e Steven D. Levitt (traduzione e premessa di Tommaso Cabrini)



Oggi vi propongo un nuovo articolo scritto dagli autori di Freakonomics e SuperFreakonomics.
Le conseguenze indesiderate di cui parla il titolo sono quelle relative alla legislazione, in particolare quella indirizzata ad aiutare alcune delle cosiddette “fasce deboli”, o gli animali (come il Picchio della Coccarda, nella foto). Ma come suggeriva Bastiat c’è ciò che si vede, gli effetti immediati e i buoni propositi del legislatore, e ciò che non si vede, gli effetti indesiderati analizzati nell’articolo. Questi analizzati non sono che quattro casi di leggi che si sono rivoltate contro coloro che dovevano aiutare, la colpa non può che essere individuata nelle scarse capacità del legislatore di vedere il quadro complessivo nel quale vengono ad inserirsi le nuove norme.




In fondo il messaggio che si vuole dare con questa analisi è: cari politici, fate meno promesse, meno leggi fondate su sogni, guardate la realtà e pensateci su prima di agire in nome di un supposto “interesse collettivo”.



Il caso del Picchio della Coccarda


Skip to next paragraphAd un anno da oggi [N.d.T. l’articolo è del 2008], un nuovo presidente si trasferirà alla Casa Bianca. Questo presidente non vedrà l’ora di portare avanti numerosi progetti – inclusi, sicuramente, progetti per aiutare segmenti della società che maggiormente hanno bisogno di sostegno. Allungare una mano di aiuto, dopotutto, è uno dei grandi privilegi e responsabilità della presidenza.

Ma prima di portare avanti questi piani il nuovo presidente – o la nuova presidentessa - si dovrebbe chiedere: cos’hanno in comune una donna sorda di Los Angeles, un ciabattino ebreo del primo secolo e un picchio della coccarda?

Pochi mesi fa, una possibile paziente chiamò l’ufficio di Andrew Brooks, un chirurgo ortopedico molto quotato di Los Angeles. Questa aveva seri problemi al ginocchio, ed era anche sorda. Voleva sapere se la sua sordità fosse un problema per Brooks. Il medico fece trasmettere un messaggio all’assistente: no, ovviamente no; avrebbe potuto facilmente mostrare la sua situazione usando modellini del ginocchio, grafici anatomici e note scritte.

La donna chiamò più tardi per dire che avrebbe preferito avere un interprete del linguaggio dei segni. Bene, disse Brooks, e chiese al suo assistente di perfezionare l’accordo. A quanto pare, un interprete sarebbe costato 120 dollari all’ora, con un minimo di due ore, e la spesa non era coperta dall’assicurazione. Per Brooks questa spesa non aveva senso. Significavano costi pari a 240 dollari per effettuare un esame per il quale l’assicurazione della donna l’avrebbe pagato 58 dollari – una perdita di più di 180 dollari, senza neanche contare le tasse e i costi generali.

Così Brooks suggerì alla paziente che potessero arrangiarsi senza l’interprete. Fu allora che lei gli disse che l’Americans With Disabilities Act (A.D.A.) permetteva ai pazienti di scegliere le modalità di interpretazione, a spese del medico. Brooks, stupefatto, cercò la legge e scoprì che, in effetti, era obbligato a fare come richiesto dalla paziente – a meno che non volesse essere trascinato in una causa, che probabilmente avrebbe perso.

Se avesse, infine, operato il ginocchio della donna, Brooks sarebbe stato pagato circa 1.200 dollari. Ma avrebbe anche avuto bisogno di vederla per otto visite di controllo, presumibilmente con l’interprete da 240 dollari ogni volta. Per la fine del trattamento della paziente, Brooks sarebbe stato in profondo rosso.

Andò avanti ed esaminò la donna, pagando l’interprete di tasca sua. Come si scoprì poi, non aveva bisogno di intervento chirurgico; il suo ginocchio avrebbe potuto essere trattato attraverso la fisioterapia. Questa fu una scoperta fortunata per tutti le persone coinvolte – fatta eccezione, forse, per il fisioterapista che avrebbe dovuto pagare la parcella dell’interprete.

Brooks disse a parecchi colleghi e amici medici della sua paziente sorda. “Tutti dissero ‘Se dovessi mai ricevere una chiamata da qualcuna così non la visiterei mai’ “ racconta. Ciò lo portò a pensare sul fatto che l’A.D.A. avesse un lato oscuro. “Dovrebbe essere un caso molto diffuso e probabilmente non discusso affatto, perché i dottori sono semplicemente spremuti sempre più. Questo tipo di pazienti finiranno per essere scaricati in continuazione, ricevendo il benservito, non capendo perche non stanno ricevendo una buona cura”.

Così, può l’A.D.A. in alcuni casi danneggiare su serio il paziente che intende aiutare? E’ una questione a cui è difficile rispondere con i dati medici a disposizione. Ma gli economisti Daron Acemoglu e Joshua Angrist una volta si posero una domanda simile: Che effetti ha l’A.D.A. sulla disoccupazione tra i disabili?

Le loro conclusioni sono abbastanza allarmanti e fanno sembrare vere le supposizioni di Andrew Brooks. Acemoglu e Angrist scoprirono che quando l’A.D.A. venne promulgato nel 1992, portò ad un improvviso crollo nell’occupazione dei disabili. Come può essere? I datori di lavoro, preoccupati del fatto che non sarebbero stati in grado di punire o licenziare i lavoratori disabili incompetenti, a quanto pare evitarono di assumerli.

Quanto sono state controproducenti queste leggi dalle buone intenzioni? Prendiamo in considerazione l’antica legge ebraica del anno sabbatico, o settimo anno. Come ordinato nella Bibbia, in Israele tutta la terra di proprietà di ebrei  doveva rimanere incolta ogni settimo anno, lasciando ai bisognosi il permesso di raccogliere qualunque cibo continuasse a crescervi. Ancora più importante, tutti i debiti dovevano essere dimenticati nell’anno sabbatico. L’appeal di un tale sgravio debitorio unilaterale non deve essere sottovalutato, poichè le pene per il mancato rimborso di un debito a quel tempo erano severe: un creditore avrebbe potuto addirittura ridurre in schiavitù il debitore o i suoi figli.

Così, per un povero ciabattino ebreo, che aveva problemi con i pagamenti dei debiti, la legge sabbatica era una vera manna dal cielo. Se voi foste stati un creditore, tuttavia, avreste visto le cose in modo differente. Perché dovreste prestare denaro al ciabattino se avesse potuto semplicemente rigettare il debito il Settimo Anno? I creditori abilmente aggirarono il sistema, facendo prestiti l’anno successivo a quello sabbatico, quando erano abbastanza sicuri che fossero ripagati, ma stringendo i cordoni della borsa il quinto e sesto anno. Il risultante drenaggio del credito fu così dannoso per i poveri che finì danti al grande saggio Hillel per risolvere le cose.

La sua soluzione, conosciuta come prosbul, premise ai prestatori di andare in tribunale e dichiarare preventivamente che uno specifico prestito non sarebbe stato soggetto alla remissione, trasferendo il debito al tribunale stesso e dandogli quindi l’incarico di incassare il debito. Questo lasciò la legge tecnicamente intatta ma permise ai prestatori di fare di nuovo credito ai poveri senza prendersi rischi non coperti da garanzie.

La porzione di terra a maggese per l’anno sabbatico, nel frattempo, fu mantenuta per secoli, ma, anch’essa, infine trovò la scappatoia, chiamata heter mechira. Questa permise ad un ebreo di “vendere” temporaneamente la propria terra ad un non-ebreo continuando a coltivarla durante l’anno sabbatico, “comprandola” di nuovo subito dopo – una soluzione che aiutò il moderno Stato di Israele a mantenere in moto la sua economia agricola.

Il problema è che molti degli ebrei maggiormente osservanti rifiutarono queste manovre viste come un espediente che viola lo spirito della legge. Molti di questi tradizionalisti sono anche estremamente poveri. E così quest’anno, che è un anno sabbatico, ai più poveri ebrei israeliani, che desiderano acquistare solo cibo cresciuto su terre di non-ebrei, è stato concesso di importare beni alimentari al doppio o al triplo del loro normale prezzo di mercato – il tutto per sostenere una legge concepita per dare cibo agli ebrei più poveri di Israele.

Tali leggi buoniste sicuramente non finiranno col fare del male anche agli animali, vero?

Analizziamo l’Endangered Species Act (E.S.A.) del 1973, che protegge la flora e la fauna, e altrettanto fa con il loro habitat. Gli economisti Dean Lueck e Jeffrey Michael vollero misurare gli effetti dell’E.S.A. sul Picchio della Coccarda, un uccello protetto che nidifica nei grandi pini nell’est della North Carolina. Esaminando l’attività di taglio del legname di più 1.000 lotti private di foresta, Lueck e Michael scoprirono uno schema ben preciso: quando un proprietario capiva che la sua proprietà si stava trasformando nell’habitat che potesse attrarre a nidificare una coppia di picchi, correva a tagliare gli alberi. Non importava se i prezzi del legname fossero bassi.

Questo è quanto avvenne meno di due anni fa a Boiling Spring Lakes, North Carolina “Lungo i bordi delle strade” riporta un articolo di cronaca, “le macchie marroni di corteccia sono tutto quello che rimane di ciò che una volta era una maestosa distesa di pini”. Per quanto triste possa essere, non è sorprendente per nessuno che abbia esaminato gli incentivi perversi creati dall’E.S.A. Nel loro paper, Lueck e Michael citano una guida per i costruttori del 1996 della National Association of Home Builders: “La migliore assicurazione, che un proprietario non debba incorrere in problemi dell’E.S.A., è mantenere la proprietà in una condizione nella quale le specie protette non possano occuparla.”

Un notevole pecca dell’E.S.A. è che una specie è spesso dichiarata in pericolo mesi, o addirittura anni prima che il suo “habitat fondamentale” sia designato ufficialmente. Ciò lascia tempo ai costruttori, ambientalisti e chiunque sia interessato di poter far sentire la propria voce alle autorità pubbliche. Cosa accade durante questo periodo?

In un working paper che esamina le condizioni del Gufo ferruginoso pigmeo dei cactus, gli economisti John List, Michael Margolis e Daniel Osgood scoprirono che i proprietari terrieri vicino a Tucson corsero a spianare le loro proprietà per l’uso edilizio, piuttosto che rischiare di vedersele dichiarare rifugio per il gufo. Gli economisti ne fanno la prova per “la chiara possibilità che l’Endangered Species Act stia di fatto mettendo in pericolo, invece di proteggerele, le specie a rischio.

Questo significa che ogni legge con lo scopo di aiutare gli animali in pericolo, i poveri e i disbaili è destinata a fallire? Naturalmente no. Ma con uno Stato a cui viene regolarmente chiesto sostegno –ultimamente per le sofferenze dei mutui, i costi sanitari e i carichi fiscali – e con presidenti che promettono, speranzosi, ogni giorno di risolvere questi problemi, varrebbe la pena incoraggiare il candidato vincente a pensarci due volte (o anche 8, o 10) prima di correre a fare del bene. Poiché se c’è una legge più potente di quelle create in un posto come Washington, è la legge delle conseguenze indesiderate.  

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