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martedì 16 settembre 2014

The Scottish independence referendum




di Luigi Angotzi 
                                                                                   
                                                                                    (English version) 


The following is not meant to be the usal heartfelt appel, made shortly before a vote to convince undecided voters to lean in favor. This is meant to reason with the idea of responsability.

First ew need to look at how we got here.
Over the years I have learned that democracy is not necessarily synonymus with peace, freedom, well-being and indeed most of the time it is a tool that stifles rather promotes these issues. And often when dissent arrises the State interferes inappropriately causing hostility and conflict.


The Scottish referendum for indipendence is a great opportunity to counter these issues.
And more then anything it is a chance for the Scottish people to express their view peacefully and gain full recognition as individuals; 
until today they have lived as a "de facto" Nation, denied the existence of a differnt culture, language and customs.
(And if the Scots decide to remove their own politic-burocratic apparatus in favor of voluntary relations between free subjects it would be even better.)

lunedì 1 settembre 2014

Scozzesi al voto il 18 settembre: beati loro

di Paolo Amighetti
Il 18 settembre, gli scozzesi saranno chiamati alle urne. Finalmente. Il referendum è in programma da due anni; e da mesi si susseguono previsioni, stime, sondaggi sull'orientamento (altalenante) dell'elettorato. Fino a qualche tempo fa, era data del tutto per scontata la vittoria dei "No" alla piena indipendenza da Londra, nonostante la caparbietà del separatista Scottish National Party; ma le ultime rilevazioni danno in rimonta i "Sì", vicini al 42% e non troppo distanti dal 48% degli unionisti. Se Braveheart conquistasse l'11% degli indecisi, il First Minister scozzese Alex Salmond diverrebbe Primo ministro di una Scozia indipendente. Ma è ancora troppo presto per fare previsioni: la caccia al voto è ancora aperta, e aperto è il dibattito sui pro e i contro del  "sì" e del "no".

sabato 27 aprile 2013

25 Aprile, la festa dei Veneti tra gonfaloni e uomini in divisa


 di Paolo Amighetti

Avant'ieri pomeriggio, un nutrito gruppo di veneti si è dato appuntamento all'ombra del campanile di piazza San Marco. Gonfalone in spalla, foulard marciano al collo, i patrioti hanno ricordato il loro Santo patrono, lasciando che dei fantasmi dell'antifascismo si occupassero i media nazionali. Il 25 aprile, in Veneto, rimane la festa di San Marco.

Non è stata la carnevalata dei "nostalgici della Serenissima" dipinta dalle agenzie di stampa, benché del Carnevale Venezia sia la patria. Quella di ieri è stata una manifestazione pacifica e civile: i partecipanti non sono riusciti a invadere l'immensa piazza, è vero, ma ad unirli, oltre agli stendardi marciani, era il sollievo di riconoscersi finalmente come una comunità legata da valori un po' più solidi del mito di Garibaldi e un po' più sinceri dell'amore per il tricolore. Questo slancio vale molto più del delirio di qualsiasi folla oceanica, e, sia detto per inciso, se l'Ansa parla di cinquecento "nostalgici" è lecito immaginare ce ne fossero un paio di più.

venerdì 15 marzo 2013

Alle Falkland si vota. E in Lombardia?

di Paolo Amighetti

 

I cittadini delle isole Falkland si sono recati alle urne per decidere se restare legati a Londra o passare sotto la tutela di Buenos Aires. La scheda referendaria presentava la domanda:
«Desidera che le isole mantengano il loro status politico attuale, come territorio oltremare britannico?». L'esito della consultazione è stato reso noto martedì: il 99,8% dei votanti (l'affluenza è stata del 92% degli aventi diritto) ha ribadito il suo consenso alla sovranità della Corona britannica sulle isole. I cittadini, insomma, si sono rivelati una volta di più allergici alle unilaterali rivendicazioni argentine. Al di là del risultato, ad ogni modo, sono significativi due aspetti della faccenda: in primo luogo, questo referendum è stato indetto con l'intenzione di mettere la parola «fine» ad un contenzioso internazionale per risolvere il quale, negli anni Ottanta, si scelse di ricorrere alle armi. Ciò testimonia come la consultazione referendaria sia lo strumento migliore per sciogliere nodi difficoltosi, che turbano la vita politica anche per molti anni; che si sia passati dalle bombe sulle case alle croci sulle schede, inoltre, dimostra come in Occidente il ricorso alla violenza, almeno per impedire l'altrui autodeterminazione, sia sempre meno frequente.

giovedì 14 marzo 2013

Jefferson Davis e Pio IX

di Damiano Mondini

Pubblichiamo volentieri il carteggio, datato 1863, intercorso fra il Presidente degli Stati Confederati Jefferson Davis e Pio IX, l’ultimo Papa re. Durante la guerra civile americana, la simpatia dello Stato pontificio per la causa del Sud fu solo ufficialmente velata, mentre sul piano privato si giunse a sfiorare un sostanziale riconoscimento della Confederazione. Nell'epistola qui riportata, il Pontefice si rivolge al suo interlocutore reiterando l'appellativo "Presidente", considerandolo dunque a pieno titolo nella veste di Capo di uno Stato indipendente da Washington e sovrano. Pio IX, come riconobbe il Generale sudista Robert E. Lee, fu l’unico sovrano europeo ad appoggiare – idealmente ma con convinzione – la causa confederata, a fronte dell’atteggiamento ondivago di Francia e Gran Bretagna e dei dichiarati sentimenti unionisti della Russia zarista e dell’Internazionale socialista presieduta da Marx - un'insolita accoppiata, quest'ultima, che dovrebbe muovere a qualche riflessione.

sabato 9 marzo 2013

The Liberty Bell: recessione o secessione

di Paolo Amighetti
 
L'inverno volge al termine, la natura comincia a sciogliersi dalla morsa del freddo, gli alberi presto torneranno a fiorire. Ma sul versante politico imperversa ancora la bufera. Il febbraio decisivo delle elezioni ha tradito ogni aspettativa: tanto per cominciare le consultazioni non hanno decretato un risultato definito e definitivo, limitandosi a frazionare il voto in tre blocchi, di cui quello più sorridente è oggi il Movimento 5 Stelle. Non tanto per una questione di numeri, quanto perché ha rosicchiato voti di qua e di là, ed è l'unica forza politica in grado di dettare legge a tutte le altre. Dietro al duo Grillo-Casaleggio rumoreggia una folla di fedeli decisi a rivoluzionare la politica italiana. Seguono come pecore i loro pastori: e se Beppe dichiara che non tollererà opposizioni in Parlamento, e che spera che i cittadini diventino lo Stato, è lecito preoccuparsi. Il successo dei cinquestelle è fragoroso quanto il flop di FARE. Il movimento è stato azzoppato prima dalle imperdonabili gaffes del suo eccentrico leader, e poi dall'indifferenza dell'elettorato, certamente influenzato dalle lauree (inesistenti) e dal master (immaginario) esibiti da Oscar Giannino. Costretto dalla forza delle cose alle dimissioni, il giornalista torinese ha abbandonato la sua nave in gran tempesta, cosicché ora FARE sembra sull'orlo dello squagliamento.

mercoledì 27 febbraio 2013

Il vero Lincoln e le bugie di Spielberg (parte seconda)

di Damiano Mondini


The real Lincoln: l’ Unione über alles
Nel marzo del 1850, a pochi giorni dalla propria morte, il grande statista e pensatore del South Carolina John C. Calhoun scriveva quanto segue ad un amico:
L’Unione è destinata ad essere dissolta, i segnali sono evidenti. […] [Non è più possibile] evitare, o concretamente posporre, la catastrofe. Plausibilmente mi aspetto che ciò accada entro dodici anni o tre mandati presidenziali. […] Il modo in cui succederà non è così chiaro, […] ma con ogni probabilità la detonazione avverrà nel corso di una elezione presidenziale.

martedì 26 febbraio 2013

Il vero Lincoln e le bugie di Spielberg (parte prima)

di Damiano Mondini

Il 24 gennaio è uscito nelle sale italiane il film Lincoln, diretto da Steven Spielberg con Daniel Day-Lewis nel ruolo di protagonista. Come largamente previsto dalla critica, la pellicola ha sbancato il botteghino. Un successo degno del regista, un film in grado di commuovere e di colpire nel profondo. Si tratta di una ricostruzione storica – ancorché hollywoodiana - , che dovrebbe avere fra i suoi primi obiettivi quello di narrare in modo relativamente esaustivo fatti realmente accaduti. E quest’obiettivo è stato completamente mancato: la ricostruzione è ai limiti della “fantastoria”, la partigianeria è stomachevole e indigesta, la prospettiva yankee assurge a voce dominante nel peggior stupro di una realtà drammatica come quella della Guerra civile americana. In questo modo una figura complessa, inquietante  e a tratti mefistofelica come quella del sedicesimo Presidente degli Stati Uniti Abraham Lincoln viene dipinta con toni agiografici e santificatori, coi soliti banali orpelli dell’emancipatore di schiavi, del salvatore della pace e della libertà. Per chi nella pace e nella libertà crede davvero – e proprio per questo non sopporta che la memoria del Vecchio Sud sia infangata dell’ideologia dei vincitori -  è quanto mai cogente rispolverare alcune semplici verità fattuali relative a quel periodo miliare della storia americana che fu la Civil War, disincrostandola dai luoghi comuni, dalle interpretazioni faziose e soprattutto dalle mistificazioni sesquipedali che ne accompagnano le narrazioni più in voga – non ultimo questo ritratto demenziale fornito da Spielberg, anche se invero molti pregiudizi sono divenuti patrimonio comune.

lunedì 18 febbraio 2013

Intervista a Lodovico Pizzati

di Paolo Amighetti

Dopo quanto accaduto a Venezia urge fare il punto della situazione. Chi meglio del dottor Lodovico Pizzati, segretario di Indipendenza Veneta, può riassumere il significato della grande manifestazione di ieri, che ha visto migliaia di veneti sfilare per le calli fin davanti al palazzo del Consiglio regionale per presentare una richiesta di referendum entro l'ottobre 2013? Speriamo che quest'intervista confermi le impressioni di chi c'era e soddisfi la curiosità di chi non è potuto venire.

Dottor Pizzati, ieri Indipendenza Veneta ha radunato in piazza San Marco una vera folla di veneti decisi a sottoporre al Consiglio regionale una proposta di legge: questa prevede un referendum consultivo sul tema dell'indipendenza, da tenersi il 6 ottobre. Lei, che di Indipendenza Veneta è il segretario, che idea si è fatto sull'esito dell'iniziativa? Com'è andata ieri a Venezia?

È stata una splendida giornata, piena di entusiasmo e di felicità. Abbiamo inondato Venezia non per protestare qualcosa, ma per fare assieme un decisivo passo avanti verso la rinascita della Repubblica Veneta. È questione di mesi.

Cominciamo a
«dare i numeri»: in quanti eravate, ieri, a Venezia? Certo, il successo di una manifestazione non dipende solo dal numero dei partecipanti. Pure, deve molto alla loro affluenza. L'Ansa stima che ieri ci fosse un migliaio di veneti, altri riportano cifre molto alte: addirittura più di diecimila.

La confusione sui numeri risulta dalla conta fatta in campo della Salute, di fronte al Consiglio regionale, dove raccoglievamo le sottoscrizioni alla legge referendaria che abbiamo presentato. Molti firmatari tornavano a casa quando ancora arrivava gente a fiumi da tutte le calli. Abbiamo postato un video dell'intero corteo dove tutti possono contare i numeri effettivi. Eravamo attorno ai diecimila partecipanti.


venerdì 15 febbraio 2013

Veneto: referendum in vista?

di Paolo Amighetti

Sabato 16 febbraio Indipendenza Veneta presenterà una proposta di legge regionale per l'indizione di un referendum per l'autodeterminazione. Niente di definitivo, per ora: il referendum, da tenersi forse il 6 ottobre, sarebbe di tipo consultivo. Aiuterebbe a capire quale sia a questo proposito l'orientamento dei veneti, nulla di più: se desiderano cioè restare entro i confini dello Stato italiano, o se preferiscono arrangiarsi e costituire una nuova Repubblica veneta indipendente. Rispetto a quanto deliberato lo scorso 28 novembre, quando venne accolta la risoluzione 44 che ribadisce «il diritto del popolo veneto alla compiuta attuazione della propria autodeterminazione», il gesto di sabato rappresenta un passo avanti. Del tutto in linea con lo spirito della risoluzione, beninteso. L'opinione diffusa è che sia giusto e legittimo lasciare la parola ai cittadini: anche i partiti contrari all'indipendenza, lo scorso 12 febbraio, hanno sottolineato «l'importanza di interpellare i cittadini su questi temi, nel rispetto di una democrazia diretta»*. Questi sono segnali positivi: più che l'avvicinarsi dell'indipendenza del Veneto, infatti, conta il sempre più diffuso riconoscimento del diritto dei cittadini a decidere del proprio futuro. Il dret a decidir che i catalani stanno conquistando in questi mesi, insomma, sta assumendo un peso determinante nelle rivendicazioni dei cittadini veneti. Arrivare ad un referendum, anche solo consultivo, sarebbe una vittoria del principio di autodeterminazione, prima che della maggioranza dei veneti favorevoli all'indipendenza. E come reagiranno le istituzioni quando gli umori separatisti dei veneti prenderanno corpo e diventeranno numeri percentuali? 

*http://indipendenzaveneta.net/cari-consiglieri-regionali/

martedì 12 febbraio 2013

Il consenso smuove le montagne. Sottoscrivete la dichiarazione di libertà dei veneti

di Redazione





Il 28 novembre scorso è stata approvata dal Consiglio regionale veneto la risoluzione 44, che afferma

«il diritto del popolo veneto alla compiuta attuazione della propria autodeterminazione»: poche ore fa è stato presentato il «manifesto per la libertà del Veneto», già sottoscritto da studiosi illustri quali Marco Bassani, Hans-Hermann Hoppe, Pascal Salin, Donald W. Livingston, Ralph Raico, Xavier Sala-i-Martin e Carlo Lottieri. La risoluzione 44 non può finire dall'oggi al domani nel dimenticatoio. La questione veneta è ormai aperta: è necessario che tutti ne prendano atto, ne vengano a conoscenza. I media italiani non danno alcun risalto a ciò che accade in Veneto: ma c'era d'aspettarselo. Bisogna però che alle parole dette e stampate seguano i fatti, perché le istituzioni riconoscano e rispettino il diritto inalienabile del popolo veneto a decidere del proprio futuro. Il manifesto per la libertà del Veneto e la risoluzione sono in rete sul sito http://www.risoluzione44.org/*, che riporta in quattro lingue il testo della dichiarazione e offre la possibilità a chiunque di sottoscriverla. Vi invitiamo ad imitare la sessantina di persone che già hanno firmato: solo dal consenso può nascere un Veneto indipendente. Non siete veneti? Sosteneteli nel loro cammino verso l'indipendenza. Libero il Veneto, liberi tutti.

*In collaborazione con Diritto di Voto

mercoledì 23 gennaio 2013

Catalogna: approvata la «dichiarazione di sovranità»


Il parlamento catalano ha approvato oggi la dichiarazione di sovranità presentata da Convèrgencia i Uniò e Esquerra Republicana: 85 i voti favorevoli, 41 i contrari, 2 gli astenuti. Prosegue così il processo iniziato il 25 novembre scorso, dopo la vittoria elettorale dei separatisti (di «destra» e «sinistra») e il loro accordo per una prossima consulta referendaria. Al lento distaccamento della società catalana da quella spagnola corrisponde ora un percorso istituzionale lineare. La strada rimane in salita, ma è stato fatto un importante passo avanti.  

sabato 19 gennaio 2013

Credere in Maroni?

di Damiano Mondini


La mia Lombardia vuole meno tasse per le imprese. La mia Lombardia da più lavoro ai giovani. La mia Lombardia taglia gli sprechi e crea più sviluppo. La Lombardia in testa”. Da settimane questo martellante spot pubblicitario assilla i frequentatori di YouTube. Si tratta dell’ultima – e chissà quanto efficace – trovata della campagna elettorale di Roberto Maroni, candidato della Lega Nord e del Popolo della Libertà alla Presidenza della Regione Lombardia. L’obiettivo è convincere gli elettori potenziali e i semplici simpatizzanti che la strada della Lega è l’unica percorribile per sciogliere il Nord dal giogo dello Stato centrale, da tempo esemplificato dalla nota immagine di “Roma Ladrona”. Dissoltasi la possibilità di tentare la scalata in Parlamento – poiché con ogni probabilità la prossima Camera sarà un’autentica débâcle per il Carroccio - , i vertici di via Bellerio hanno intelligentemente pensato di ripiegare al Nord, coll’obiettivo di fare il pieno in un bacino elettorale meglio predisposto. Lo slogan più efficace, da questo punto di vista, è senza ombra di dubbio il seguente: “Trattenere in Lombardia il 75% delle tasse pagate dai lombardi!”. Riecheggia per chi ha memoria il vecchio adagio "Paga somaro lombardo!" Un proposito apparentemente appetibile anche per gli indipendentisti più coerenti e radicali. Ma quant’è realmente credibile? E cosa si nasconde davvero dietro il simulacro della Lega Nord 2.0?

sabato 12 gennaio 2013

Catalogna: dopo il patto, ecco la dichiarazione di sovranità

di Paolo Amighetti

Un passo alla volta, la Catalogna si avvicina all'indipendenza. Pochi giorni fai due partiti catalani egemoni, Convèrgencia i Unió e Esquerra Republicana, hanno siglato un «patto di sovranità» che le impegna a governare con l'obiettivo di indire un referendum per ascoltare la volontà del popolo catalano: perché i catalani si esprimano e dicano chiaro e tondo con chi vogliono stare. Venerdì, le agenzie stampa  hanno informato che la coalizione di maggioranza in Generalitat ha presentato una «dichiarazione di sovranità».

venerdì 28 dicembre 2012

2014: la Catalogna intravede l'indipendenza

di Paolo Amighetti

Dallo scorso 19 dicembre, in Catalogna è lecito sognare l'indipendenza. Niente più provocazioni o fantapolitica: raggiunto il «patto di sovranità» tra CiU e Esquerra tutto è possibile. Nella fattispecie, è possibile che la classe politica catalana lavori d'amore e d'accordo per indire un referendum nel 2014.
Che si profila come un annus mirabilis per scozzesi e catalani, anche se molte analisi lasciano intuire che i primi, in larga misura tax-consumers, preferiranno all'indipendenza la comoda redistribuzione inglese. A prescindere dal risultato dei referenda, comunque, in Europa si prenderà atto di un grosso evento: e cioè che a decidere dello status politico di intere aree saranno i cittadini che vi vivono e lavorano, la cui libera scelta le caste governative dovranno rispettare. In attesa di questa rivoluzione, diamo un'occhiata alla situazione catalana per come si presenta oggi.
Da un lato, il «patto di sovranità» ha scalzato dal dibattito politico lo scontro tra destra e sinistra, privilegiando quello tra centro e periferia; che l'iniziativa sia bipartisan testimonia quanto sia ampio il consenso attorno alle tesi indipendentiste. L'intera classe politica catalana è stata costretta a prenderne atto, e a lasciarsi coinvolgere dall'entusiasmo popolare. Dall'altro, a Madrid le forze politiche nazionali sembrano aver siglato un patto silenzioso e nemmeno tanto segreto per ostacolare la Catalogna: nessuno ha interesse a lasciarsi sfuggire il motore dell'economia, l'area più produttiva del Paese, la Lombardia del Mediterraneo.

martedì 11 dicembre 2012

La secessione è un diritto?


Di David Gordon (traduzione di Tommaso Cabrini)
Grant sconfisse Lee, la Confederazione si sbriciolò, e l’idea di secessione scomparve per sempre, o perlomeno questo è quanto l’opinione comune dice. La secessione non è storicamente irrilevante, semmai, al contrario, l’argomento è parte integrante del liberalismo classico. Anzi, il diritto di secessione deriva a sua volta dai diritti difesi dal liberalismo classico. Come persino gli alunni di Macaulay sanno, il liberalismo classico inizia con il principio di auto-proprietà: ognuno è proprietario del proprio corpo. Inoltre, secondo i liberali classici, da Locke a Rothbard, esiste il diritto di appropriarsi della “cosa di nessuno”.
In questa visione lo Stato occupa un ruolo rigorosamente secondario, questi esiste solamente per proteggere i diritti che gli individui possiedono indipendentemente da esso, e non rappresenta la fonte di tali diritti. Come scrive la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti: “per assicurare tali diritti [alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità], sono stati istituiti tra gli uomini gli stati, derivando i loro legittimi poteri dal consenso dei governati."
Ma cos’ha tutto questo a che fare con la secessione? La connessione è ovvia: se lo Stato non protegge i diritti degli individui allora gli individui possono interrompere la loro fedeltà verso lo Stato, ed una forma che questa interruzione può prendere è la secessione: un gruppo è in grado di rinunciare alla lealtà verso il proprio Stato e formarne uno nuovo. (Non si tratta, ovviamente, dell’unica forma possibile: una fazione può rovesciare il governo invece di ripudiare la sua autorità su di essi.)

domenica 2 dicembre 2012

The Liberty Bell: 31 giorni dopo...

di Paolo Amighetti

Da noi, qualche tempo fa, la nebbia era piuttosto fitta. Ma altrove si intravedeva già qualche raggio di sole. In Catalogna, per esempio, c'erano in ballo le elezioni: facile prevedere come sarebbe andata a finire, sulla scorta di quanto era appena successo nei Paesi Baschi. Mi unii al coro dei pronostici che davano gli indipendentisti per vincitori: non sbagliai, ma che in Catalogna la «febbre di libertà» aumenti di mese in mese lo sanno anche i politici romani. Ora che in Generalitat dominano i secessionisti (occupano 87 seggi su 135), bisogna che venga approvato ed indetto, questo referendum per l'indipendenza. La palla potrà così passare al parlamento madrileno, e poi a sua maestà Juan Carlos. La strada è lunghissima, più impervia di quanto si possa credere pensando alle belle immagini della manifestazione di Barcellona. Ma la direzione è quella giusta.

Il mese scorso si discuteva anche della situazione in Veneto, delle solite beghe dei venetisti, delle mosse future di Diritto di Voto. Mi chiedevo cosa sarebbe successo, ed in breve è andata così: il 28 novembre il consiglio regionale ha discusso e approvato la «risoluzione 44» proposta da Indipendenza Veneta, che spiana la strada ad un percorso legale perché i veneti decidano, di fatto, del loro futuro. Un piccolo grande passo che alcuni hanno giudicato sovversivo ed altri troppo timido. Insomma, sembra abbia scontentato proprio tutti. Che molti politici avrebbero fatto spallucce era scontato.

lunedì 26 novembre 2012

Catalogna: vince l'indipendenza, perde Mas

di Paolo Amighetti

In Catalogna è terminato lo scrutinio delle urne: ha inizio il valzer delle ipotesi, delle congetture, dei calcoli. Il Corriere della Sera parla di «tracollo» degli indipendentisti. La parola è un po' troppo forte: se infatti Convergència i Uniò ha perso dodici seggi, i separatisti di sinistra dell'Esquerra Republicana ne hanno guadagnati undici in più rispetto alle ultime elezioni; i comunisti catalani e gli ecologisti favorevoli all'indipendenza, tre di più rispetto al 2010. Sulla carta, esiste dunque una maggioranza soberanista: il catalanismo ha conquistato ottantasette seggi sui 135 disponibili, anche se i rimanenti quarantotto rimangono in pugno a socialisti, democristiani e Ciutadans.

domenica 25 novembre 2012

Bon cop de falç, Catalunya!

di Paolo Amighetti

«Catalunya, triomfant, tornarà a ser rica i plena!» («Catalogna, trionfante, tornerà ad essere ricca e grande!») intona l'inno catalano. La speranza, in queste ore, è molta, perché il gran giorno è arrivato. In Catalogna si vota, e stavolta destra e sinistra c'entrano poco. Chi vuole la Catalogna libera ed indipendente, infatti, voterà Artur Mas, che punta alla rielezione per indire al più presto un referendum separatista; gli altri daranno il loro voto alla Spagna, cioè alla conservazione dello Stato unitario.
Dopo la grande manifestazione di Barcellona, a cui hanno partecipato un milione e mezzo di catalani, tutti si sono resi conto dell'importanza della questione catalana. Le ragioni del partito di Mas, Convergencia i Uniò, sono quelle di sempre: «La Catalogna trasferisce soldi, ma non ha capacità di porre condizioni»; «la Catalogna è la Germania della Spagna, ma senza aver potere».

mercoledì 21 novembre 2012

Roversi: «Né di destra, né di sinistra. Siamo dalla parte dei lombardi»


In Veneto il tema dell'indipendenza è ormai all'ordine del giorno. Altrove, tutto è ancora molto confuso: la Lombardia, che pure deve pagare quasi per tutti, non sembra capace di convertire il suo disagio in una rivendicazione di autogoverno. Molti secessionisti non si decidono a scendere dal Carroccio perché danno fiducia a Maroni, o piuttosto perché convinti che ad Alberto da Giussano non ci sia alternativa. Sbagliano: c'è Pro Lombardia Indipendenza. Il movimento, nato nel settembre 2011, si propone di tenere alta la bandiera di san Giorgio, nella speranza di ammainare presto il tricolore. Ho fatto due chiacchiere con il portavoce Giovanni Roversi: l'intervista è riportata qui sotto. Postilla: mentre scrivo, il consigliere comunale di Pro Lombardia Giulio Mattu ha presentato a Roncadelle una mozione a sostegno dell'indipendenza catalana. Mattu incita il suo Comune a «attivarsi in tutte le sedi» per favorire il dialogo tra le istituzioni spagnole e catalane. La scelta di dare una mano ai popoli in cerca dell'indipendenza è eloquente: dimostra che gli uomini di Pro Lombardia non assistono inerti al cambiamento, ma cercano di esserne i protagonisti.    

Amighetti: Cominciamo con una precisazione: voi non siete leghisti. Però parole come «indipendenza» e «secessione» le abbiamo già sentite una volta, e nonostante i proclami e le dichiarazioni tutto si è risolto in una carnevalata sul Po. Perché i lombardi dopo una cantonata simile dovrebbero dare fiducia al vostro movimento, Pro Lombardia Indipendenza?
Roversi: Il partito citato si è detto portatore di molte, troppe istanze, ma nei fatti non concludendone nemmeno una. Siamo consci di questi fallimenti e delusioni, ma il messaggio che veicoliamo è troppo importante per fermarsi. Una delle nostre proposte è quella di far partecipare direttamente la popolazione per le decisioni che riguardano il proprio futuro, e non c’è nessuno in grado di fare gli interessi dei lombardi come loro stessi.