di Damiano Mondini
L’elezione al soglio pontificio dell’argentino Jorge Mario Bergoglio, divenuto Vicario di Cristo col nome di Francesco, ripropone la discussione sulla figura di San Francesco d’Assisi (1182-1226) e sull’Ordine francescano da questi fondato nel 1209. Ed ecco che – puntuali ed immancabili – vengono ripetute le solite banalità sul presunto pensiero del Santo di Assisi come connotato da velleità pauperiste: egli viene così contrapposto agli eccessi “plutocratici” della Chiesa moderna e contemporanea. “Il richiamo a Francesco – sostengono parimenti esponenti del cattolicesimo progressista e dell’intellighenzia laicista – è un monito a questa Chiesa corrotta, affinché abbandoni il fascino demoniaco del denaro, si spogli delle proprie nefaste influenze temporali e torni ad una religione privata e vicina ai poveri, agli umili, ai deboli, ai dimenticati”. Non ci è dato di sapere quale impronta darà il nuovo Pontefice alla Chiesa di Roma; possiamo nondimeno evidenziare con chiarezza la falsità di questi leit-motiv reiterati con ardore dalla stampa liberal e dai commentatori cattocomunisti. Perché San Francesco, lungi dall’essere il seguace di un pauperismo dalle tendenze vagamente anticlericali e di un socialismo ante litteram, ha in realtà inventato il capitalismo.