lunedì 24 novembre 2014

Mozart era un comunista


di Tommaso Cabrini



Mozart era un comunista (Mozart was a red, in lingua originale) è una breve commedia teatrale in un unico atto scritta da Rothbard per raccontare il suo incontro avvenuto con Ayn Rand. Ovviamente i nomi sono stati interamente cambiati.
L’opera non è mai stata rappresentata ufficialmente, anche se in rete si trova qualche rappresentazione amatoriale (se non ricordo male ce n’è addirittura una interpretata da un giovane Jeffrey Tucker). Leggendo il copione si capisce, comunque, che l’opera non nasce per essere rappresentata, alcuni punti sono impossibili da rendere a teatro, e nel complesso è molto breve. Si tratta solo di un escamotage originale per raccontare, drammatizzandolo, un evento realmente accaduto, ironizzandoci su.
Il testo è piuttosto breve ma è permeato da un umorismo pungente di un livello abbastanza alto (qualcuno ha parlato di commedianti ebrei?), basato spesso sull’assurdo: ad una prima visione non è facile seguire i discorsi fatti da Carson Sand e dai suoi fedelissimi.
Non mi resta che lasciarvi nelle mani di Rothbard.

martedì 16 settembre 2014

The Scottish independence referendum




di Luigi Angotzi 
                                                                                   
                                                                                    (English version) 


The following is not meant to be the usal heartfelt appel, made shortly before a vote to convince undecided voters to lean in favor. This is meant to reason with the idea of responsability.

First ew need to look at how we got here.
Over the years I have learned that democracy is not necessarily synonymus with peace, freedom, well-being and indeed most of the time it is a tool that stifles rather promotes these issues. And often when dissent arrises the State interferes inappropriately causing hostility and conflict.


The Scottish referendum for indipendence is a great opportunity to counter these issues.
And more then anything it is a chance for the Scottish people to express their view peacefully and gain full recognition as individuals; 
until today they have lived as a "de facto" Nation, denied the existence of a differnt culture, language and customs.
(And if the Scots decide to remove their own politic-burocratic apparatus in favor of voluntary relations between free subjects it would be even better.)

lunedì 1 settembre 2014

Scozzesi al voto il 18 settembre: beati loro

di Paolo Amighetti
Il 18 settembre, gli scozzesi saranno chiamati alle urne. Finalmente. Il referendum è in programma da due anni; e da mesi si susseguono previsioni, stime, sondaggi sull'orientamento (altalenante) dell'elettorato. Fino a qualche tempo fa, era data del tutto per scontata la vittoria dei "No" alla piena indipendenza da Londra, nonostante la caparbietà del separatista Scottish National Party; ma le ultime rilevazioni danno in rimonta i "Sì", vicini al 42% e non troppo distanti dal 48% degli unionisti. Se Braveheart conquistasse l'11% degli indecisi, il First Minister scozzese Alex Salmond diverrebbe Primo ministro di una Scozia indipendente. Ma è ancora troppo presto per fare previsioni: la caccia al voto è ancora aperta, e aperto è il dibattito sui pro e i contro del  "sì" e del "no".

sabato 5 luglio 2014

Intervista a Vito Foschi autore del libro "Piccolo Manuale della Libertà"


di Luigi Angotzi



Qualche mese fa è uscito sul mercato un libro dal titolo "Piccolo Manuale della Libertà" ad opera di Vito Foschi per Leomedia editore.
( link al download http://www.lionmedia.it/shop/?prodotto=piccolo-manuale-della-liberta )
Incuriosito, sono andato sul sito dell'editore e ne ho scaricato la versione PDF, da subito mi sono accorto che in realtà è un "grande" manuale perché espone in modo chiaro le principali tematiche liberali/libertarie con tanti esempi e di conseguenza la lettura ne risulta scorrevole sia per i più giovani che si avvicinano a questi argomenti sia per chi giovane non lo è più e vuole lo stesso approfondire queste tesi.

Il libro è strutturato in modo da affrontare i più svariati argomenti offrendo sempre una chiave di lettura agevole per il lettore e dandogli informazioni utili per conoscere cosa e come operi il pensiero liberale/libertario e mettendolo in guardia da come questo viene distorto a favore di tesi Stataliste. Il Manuale infatti dimostra con rigore scientifico tutti gli artifici posti in essere nel tempo dagli "avversari" della libertà per mettere questi pensieri in cattiva luce ed indottrinare i consociati con argomentazioni socialiste frutto di imbrogli ed ignoranza diffusa.

Alla stesura dell'opera ha contribuito anche Giacomo Zucco scrivendone l'introduzione.

Di seguito troverete le risposte alle domande che ho posto all'autore del libro Vito Foschi.

Buona lettura!

mercoledì 26 marzo 2014

Le alternative all'inganno del "Contratto Sociale", città e strade private [Seconda Parte]

link alla Prima Partehttp://roadliberty.blogspot.it/2014/03/le-alternative-allinganno-del-contratto.html

Le Turnpike e le Strade a Pedaggio negli Stati Uniti del Diciannovesimo Secolo.  

Daniel B. Klein, Santa Clara University e John Majewski, University of California – Santa Barbara   

Traduzione di Tommaso Cabrini



Le turnpike sono aziende commerciali private che costruivano e mantenevano una strada a fronte del diritto di riscuotere una tariffa dai viaggiatori[1]. I resoconti della rivoluzione dei trasporti del diciannovesimo secolo trattano spesso le turnpike come un semplice preludio ad infrastrutture più importanti, come canali e ferrovie. Le turnpike, invece, lasciarono un’importante impronta sociale e politica nelle comunità che ne supportarono la nascita. Nonostante le turnpike raramente abbiano distribuito dividendi o altre forme di profitti diretti, riuscirono comunque ad attrarre sufficienti capitali da migliorare sia l’estensione che la qualità della rete stradale degli Stati Uniti. 

La costruzione di strade private si sviluppò ad ondate che attraversarono tutto il diciannovesimo secolo e l’intera nazione, con un numero totale compreso tra 2.500 e 3.200 società che riuscirono con successo a finanziare, costruire e mantenere in funzione le loro strade a pedaggio. In particolare ci furono tre importanti periodi nell’era della costruzione delle strade a pedaggio: il periodo delle turnpike degli stati orientali dal 1792 al 1845; il boom delle plank road dal 1847 al 1853; e le strade a pedaggio del far west dal 1850 al 1902. 

Il periodo delle turnpike, 1792-1845


Prima del 1792 gli statunitensi non hanno avuto alcuna esperienza diretta di turnpike private; le strade venivano costruite, finanziate e gestite principalmente dalle amministrazioni comunali. Solitamente la cittadinanza veniva sottoposta ad una tassa per i lavori stradali. Lo Stato di New York, per esempio, impose a fronte di una multa di un dollaro, ad ogni maschio idoneo, di lavorare alle strade un minimo di tre giorni all’anno. La richiesta poteva essere evitata se il lavoratore avesse pagato 62,5 centesimi per ogni giorno. Trattandosi di lavori pubblici gli incentivi erano scarsi, perché le attività non erano riconducibili ad un proprietario di ultima istanza – un proprietario privato che abbia diritto ai profitti e alle perdite generate. I lavoratori erano reclutati in via transitoria e senza stabile organizzazione. Poiché i capisquadra e i lavoratori erano solitamente agricoltori, troppo spesso le tempistiche agricole, anzichè il deterioramento delle strade, determinavano la programmazione dei lavori di riparazione. Ad eccezione di alcuni casi di stanziamenti specifici, il finanziamento proveniva principalmente dalle multe e dalle tariffe di esonero pagate dai cittadini. I commissari stradali difficilmente potevano pianificare importanti miglioramenti. Quando una nuova necessaria connessione passava attraverso nuovi territori non ancora colonizzati diventava particolarmente difficile trovare manodopera, poiché l’obbligo poteva essere imposto solo nel medesimo distretto di residenza del lavoratore. Siccome le aree di lavoro erano suddivise in distretti sorgevano problemi di coordinamento tra le diverse giurisdizioni. La condizione delle strade fu sempre inadeguata, come spesso riconobbero pubblicamente vari governatori di New York (Klein e Majewski 1992, p.472-75).

giovedì 20 marzo 2014

Le alternative all'inganno del "Contratto Sociale", città e strade private

Premessa
 
di Luigi Angotzi


Lysander Spooner, anarchico statunitense di metà '800, muoveva le sue critiche al "regime democratico" facendo una disamina al concetto di "Contratto Sociale", già anticipato dagli scritti di metà '700 dall'illuminista elvetico J.J. Rousseau.
 Spooner sosteneva attraverso un ragionamento prettamente giuridico la non validità dei Governi, dello Stato e delle Leggi.

Difatti, le Carte Costituzionali adottate dagli Stati come documenti che vincolavano il popolo "Ab aeterno" possono essere annoverate nella categoria dei "contratti".

Le costituzioni, se mai dotate di legittimità, sono state ratificate da individui (solo taluni ne accettavano il contenuto ma mai la totalità di essi) ormai deceduti e quindi è inammissibile che esse vengano ritenute ancora valide, proprio perché parte dei contraenti non esistono più.

Spooner approfondisce il concetto dimostrando anche come tali contratti, vengano raramente rispettati e quindi, proprio per inadempienza, dovrebbero ritenersi "non più validi" (risoluzione per inadempimento).

A partire da questi ragionamenti egli afferma che «le Nazioni, i Governi e Gli stati non hanno legalità alcuna e che i giuramenti sulla Costituzione non hanno validità giuridica».

martedì 14 gennaio 2014

Uscita dall’euro? Domande & risposte



di Tommaso Cabrini e Andrea Benetton


Articolo originariamente pubblicato su The Fielder (http://thefielder.net/10/12/2013/uscita-dalleuro-domande-risposte/)
 
L’articolo «Una soluzione monetaria per l’Europa» ha avuto un buon successo e sviluppato un interessante dibattito in Rete. Come autori, ci sembra doveroso rispondere alle critiche dei lettori sviluppatesi sia su The Fielder sia sui molti blog e testate su cui è stato rilanciato l’articolo.

Q — Il «portafoglio» di monete assomiglia piú a un incubo ricorsivo da Alice nel Paese delle Meraviglie (cioè l’Italia) che a una realtà economica. Oltre al casino già ai limiti dell’impossibile nella scelta tra prodotti concorrenti, ci manca quello della scelta tra monete concorrenti con cui pagare, magari in mix

A — Una delle obiezioni piú comuni ai processi di mercato in concorrenza è proprio questa. Il pericolo di complicare un sistema all’apparenza semplice, di stampo socialista: un solo fornitore (lo Stato) e un solo prodotto (nel nostro caso l’euro, ma si può adattare a qualunque altra merce). Quasi di certo, il sistema si complicherebbe in un primo tempo. Nuove monete sorgerebbero in quantità; ma molte di queste sarebbero infine soppresse dal mercato, a favore d’un piccolo paniere di monete considerate migliori dagli utenti. Rimarrebbe quindi un sistema con un piccolo gruppo di monete in concorrenza. All’apparenza il sistema si complica: piú monete tra cui scegliere, con diverse caratteristiche. Tuttavia, la libera scelta porta obbligatoriamente verso un sistema monetario piú trasparente, senza un monopolista che goda di rendite di posizione — tutti fattori che darebbero ai cittadini la possibilità d’arricchirsi di piú e meglio, di raggiungere al meglio i propri fini. Senz’altro, la scelta per l’acquisto d’un’automobile (per far un esempio di merce altamente complessa) è molto difficile: ben pochi hanno tutte le informazioni e le competenze necessarie per scegliere senza fare lunghe ricerche — ma non per questo preferiremmo poter guidare solo la Trabant.