( Articolo già pubblicato sul blog http://www.teapartyitalia.it/ )
Il movimento Tea Party Italia non riceve alcun tipo di
finanziamento dal sistema politico: da sempre vive e opera grazie alle
donazioni dei militanti e alle risorse che i produttori di ricchezza
decidono di “investire” in esso per garantirsi un’ultima difesa contro
la casta parassitaria. Da qualche giorno potete notare, nella pagina delle donazioni, istruzioni per un nuovo metodo che si affianca a quelli tradizionali: la donazione in Bitcoin.
Il protocollo Bitcoin rappresenta un esperimento estremamente innovativo: la creazione di una valuta digitale, distribuita, open source,
basata sul sistema di crittografia a due chiavi, non inflazionabile e
completamente privata, indipendente dalle interferenze arbitrarie di
politici, burocrati, governi e banche centrali.
La scelta di Tea Party Italia di divenire il primo e ad oggi unico movimento in Italia che accetta donazioni in Bitcoin
è dettata senza dubbio da motivi di praticità: i trasferimenti in
Bitcoin sono un processo semplice, istantaneo, rispettoso della privacy e
virtualmente gratuito a livello di commissioni. Ma la scelta è anche
dettata da una presa di posizione ideale: quella a favore della
concorrenza in campo monetario. Spieghiamoci meglio:
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lunedì 4 novembre 2013
sabato 23 febbraio 2013
Chi votare? Chi si impegna contro tasse e spesa!
di Nicolò Petrali*
Riceviamo e pubblichiamo con piacere questo contributo di un caro amico nostro e della Libertà, Nicolò Petrali, che riflette sul voto di domani, illustrando un'interessante iniziativa del movimento anti-tasse Tea Party Italia, che da tempo questo blog sostiene con forza e convinzione.
Ci siamo. L’appuntamento elettorale è finalmente (o purtroppo!) arrivato e gli ultimi indecisi stanno navigando in rete e chiedendo consigli ad amici e parenti per scegliere su quale simbolo mettere la croce domani.
L’astensionismo sarà quasi certamente il primo partito, ma per quelli che, nonostante tutto, si recheranno alle urne, è giusto fornire fino all’ultimo degli spunti sperando che il loro voto diventi davvero consapevole.
martedì 5 febbraio 2013
Intervista esclusiva a Giacomo Zucco
di Luigi Angotzi

Giacomo Zucco, ventinovenne portavoce del Tea Party Italia, ha messo alle corde Mario Monti durante la trasmissione Leader: il video già spopola sul web. L'ex premier è sfuggito goffamente alla sua domanda: «perché ha alzato tasse e spesa pubblica quando sapeva di dover fare l'opposto?». All'indomani di questo «Ko tecnico» in diretta televisiva, la redazione ha fatto qualche domanda a Giacomo.

Giacomo Zucco, ventinovenne portavoce del Tea Party Italia, ha messo alle corde Mario Monti durante la trasmissione Leader: il video già spopola sul web. L'ex premier è sfuggito goffamente alla sua domanda: «perché ha alzato tasse e spesa pubblica quando sapeva di dover fare l'opposto?». All'indomani di questo «Ko tecnico» in diretta televisiva, la redazione ha fatto qualche domanda a Giacomo.
Giacomo, sei soddisfatto di quanto ha detto il Prof. Monti? Secondo te gli ascoltatori avrebbero gradito una risposta più corposa?
Non credo che una risposta più "corposa" sarebbe stata molto più soddisfacente: ho il sospetto che Monti non abbia risposto nel merito perché, semplicemente, non poteva rispondere nel merito. Però sinceramente mi sarei aspettato almeno un elaborato tentativo politichese di giustificare il suo operato, e non quella risposta da bambino con l'orgoglio ferito. Il professore ha voluto provare a tutti i costi una cosa per lui molto nuova: l'irriverenza, che finora gli è sempre stata risparmiata tanto dai suoi studenti in Bocconi quanto dai giornalisti a Palazzo Chigi. Ma quando ha avuto quello che chiedeva, ha evidentemente scoperto di non gradirlo particolarmente.
sabato 2 febbraio 2013
Giacomo Zucco fulmina Mario Monti
di Paolo Amighetti
Chissà cosa si aspettava Mario Monti ieri sera. Di non essere accolto con calore, forse. Di essere messo «alla berlina», come si suol dire, da qualche domanda scomoda. Timori infondati, dopotutto. Già verso la fine della trasmissione il professore poteva gongolare: «"Leader" ha la fama di essere una trasmissione difficile per chi viene invitato. Io questa difficoltà non l'ho riscontrata, o forse non l'ho capita; in tal caso me ne scuso». Ma per colmo di sfortuna, ieri alla corte di Lucia Annunziata c'era anche Giacomo Zucco. Non è stato maleducato, non ha alzato la voce, non ha offeso. Ha apostrofato il premier chiamandolo «Tremonti diviso tre», ma come ha detto la stessa Annunziata, «l'irriverenza a "Leader" è gradita». Il portavoce del Tea Party Italia ha semplicemente posto una domanda, anzi la domanda che tutti noi avremmo voluto fare al tecnico dei tecnici: perché Monti ha scelto di alzare le tasse e dilatare la spesa pubblica quando tutti e tutto (dall'Europa, al FMI, al buonsenso) indicavano che era necessario, viceversa, tagliare le tasse e diminuire la spesa? Come mai il governo ha fatto l'esatto contrario di ciò che sapeva di dover fare? Ha elencato Zucco: «Le tasse sono aumentate; ha introdotto nuovi tipi di tasse; le imposte non hanno ridotto il debito; ha aumentato la spesa corrente; ha programmato un aumento di tasse fino a 22 miliardi di euro; parlava di liberalizzare il lavoro, e la Fornero ha fatto l'opposto». Presa la parola, Monti ha dato spettacolo. Si è lanciato in dichiarazioni acrobatiche, una parola vuota dietro l'altra: insomma, non ha detto nulla. Una scena muta, impietosa. Da scolaretto, altro che professore. «Dovrò valutare più attentamente non tanto le critiche tecniche, ma le riserve di ordine morale e comportamentale che mi sono state rivolte. Farò una autoflagellante riflessione». Cosa c'entri tutto ciò con la domanda di Zucco, è mistero. «Chiedere è lecito, rispondere è cortesia» dice un proverbio. Monti ha parlato cortesemente, senza dubbio. Ma non ha risposto.
lunedì 31 dicembre 2012
Passiamo l'ultimo con Mises
di Damiano Mondini
L'elaborazione teorica delle dottrine e dei programmi deve essere rigorosa, coerente ed esente da contraddizioni. Se però non si riesce a convincere la maggioranza a realizzare pienamente il proprio programma, bisogna accontentarsi di ciò che si può ottenere nelle condizioni oggettive in cui ci si muove.Ho sempre criticato la middle-of-the-road-policy di tutte le varianti dell’interventismo, e credo di aver mostrato che esse finiscono inevitabilmente per sfociare nel socialismo vero e proprio. Ma questo non mi ha impedito di capire benissimo che i rapporti di potere politici possono costringere anche un convinto e coerente difensore del liberalismo a venire a patti temporaneamente con certe misure interventistiche (per esempio, i dazi doganali). Di regola bisogna accontentarsi di scegliere il male minore
lunedì 3 settembre 2012
Why I am not a neo-conservative
di Damiano Mondini
Gli americani saranno all’altezza del compito di mantenere la supremazia statunitense e di fare uno sforzo continuo per plasmare l’ambiente internazionale? Sì, se i leader politici americani avranno l’intelligenza e la volontà politica per fare ciò che è necessario. […] Mantenere la supremazia americana non vale forse un aumento della spesa della difesa, dal 3 al 3,5% del Pil?
Così scrivevano Robert Kagan e William Kristol in Present Danger, un articolo apparso sulla rivista americana The National Interest nella primavera del 2000. Nell’articolo i due illustravano nel dettaglio la loro opinione intorno al ruolo strategico internazionale degli Stati Uniti d’America. Quello scritto incarnava altresì l’essenza della matrice ideologica da cui provenivano gli autori, vale a dire il neoconservatism. Ed eccoci giunti al perché di una citazione apparentemente inusuale per il nostro blog. Il pensiero neo-con rappresenta infatti uno dei nemici principali e più agguerriti del limpido libertarismo che andiamo difendendo; e la miglior strategia difensiva, almeno in questo caso, consiste innanzitutto nel comprendere la forma mentis dell’avversario: per evitare di cadere nelle sue trappole e soprattutto per tentare di contrastarlo. Invero, fino a qualche tempo fa ero persuaso che le reali insidie per gli ideali liberali fossero il socialismo da una parte e il left-liberalism dall’altra; non ritenevo così cogenti le minacce e il fuoco amico di certi ambienti conservatori. D’altronde, mi sono sempre considerato più attiguo ad un tradizionale conservatorismo che non al progressismo politically correct dei liberals americani e dell’intellighenzia perbenista europea.
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Noise from Tea Party, le origini
di Damiano Mondini
Mi trovo a riflettere su un fatto singolare: nonostante scriva già da qualche tempo su questo blog, e citi spesso il nome che porta con orgoglio, non ho finora avuto modo di illustrarne l'origine. E' quasi come avessi dato per scontate le sollecitazioni - i sogni, le speranze, le illusioni - che una tale denominazione suscita. Si presenta tuttavia in questi giorni un'opportunità imperdibile per indagare anche tale questione. Mi riferisco alla partecipazione diretta ed entusiasta di Noise from Tea Party ad un ardimentoso progetto editoriale on line, il neonato blog libertario The Road to Liberty. Ecco, partiamo dallo spiegare questa coraggiosa iniziativa. Innanzitutto, ascriviamo il merito a chi spetta: un grazie caloroso e sentito - odio ripetermi, ma è così - al "direttorissimo" Paolo Amighetti, che ha avuto il guizzo di mettere in piedi questo progetto; un grazie natualmente anche agli altri redattori di The Road to Liberty, Camilla Bruneri, Tommaso Cabrini e Miki Biasi, con i quali instaureremo senza ombra di dubbio una collaborazione proficua. Sostanzialmente, si tratta di un blog a più mani, redatto da giovani libertari, avente lo scopo di sostenere e diffondere quegli ideali di libertà che vedete sovente propagandati nei miei interventi. Dunque, una piena convergenza di obiettivi e di sensibilità. Non solo: alla vicinanza delle idee si aggiunge la molteplicità degli interessi e dei temi messi a fuoco, che rende la prospettiva di lettura sul mondo ancora più completa e stimolante. A tal proposito, mi sento in dovere di motivare la mia particolare posizione all'interno di questa ristretta - almeno per ora - galassia libertaria. I miei interessi probabilmente sono noti: l'economia, la scienza fondamentale dell'azione umana, per citare una suggestione di Ludwig von Mises; la politica, osservata naturalmente con lo sguardo critico e scettico dell'anarchico bacchettone che in fondo sono ("nel fondo di ogni pensatore autenticamente liberale si nasconde un anarchico", scrive Luigi Marco Bassani); il subbuglio, reale o presunto, cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi all'interno del fronte - invero quanto mai variegato - dei liberali italiani; le vicissitudini degli States, la "nuova frontiera" divisa in questi giorni fra lo statalismo dichiarato di Obama e il liberismo sedicente di Romney e Ryan, e che sembra aver voltato le spalle all'unico vero difensore della libertà, Ron Paul; infine, last but not least, posso con qualche ragione vantarmi - cosa questa che di norma faccio volentieri - di essere "l'uomo del Tea Party", un sincero ed entusiasta sostenitore delle idee e delle battaglie di questo movimento, tanto negli USA quanto in Italia. E chiudiamo quindi circolarmente con il problema con cui ho esordito: le ragioni di questo blog e del suo nome. Rimando al futuro una trattazione più dettagliata della storia del Tea Party, dal 1773 fino ai più recenti sviluppi; in questa sede mi preme soltanto sottilineare le principali sfide che questo movimento popolare ha fronteggiato con coraggio. Il 16 dicembre 1773, la protesta dei coloni di Boston contro l'esasperante livello raggiunto dal carico fiscale reale a seguito del Tea Act; negli ultimi mesi del 2008, contro il bailout di Stato promosso dal Presidente repubblicano - repubblicano! - George W. Bush, col ringraziamento delle banche falcidiate dalla crisi finanziaria innescata dalla bolla subprime; nel biennio 2009-2010, le proteste di piazza sempre più consistenti contro il dirigismo di Obama, la micidiale riforma sanitaria Obamacare e i molteplici tentativi di vulnerare la Costituzione; lo sbarco in Italia ad opera di David Mazzerelli e Giacomo Zucco, con la nascita di un movimento sempre in prima fila contro le vessazioni del fisco e dello Stato ladro e "tassicodipendente". Potrei continuare, ma questo basta: il mio feroce antistatalismo si ritiene perfettamente allineato cogli ideali e coi metodi del Tea Party Italia, e il mio animo larvatamente movimentista - pressante ma velleitario - sostiene con passione le sue lotte. Dunque eccomi qui, a tentare di leggere la realtà - o almeno qualche sua infinitesima sezione - coll'occhio analitico dell'economista in erba e dell'aspirante tea partier. Questo sono io, e questo è Noise from Tea Party: un'enclave, millimetrica ma stabile; un baluardo, ininfluente ma convinto, a difesa della più autentica Libertà.
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