venerdì 28 dicembre 2012

2014: la Catalogna intravede l'indipendenza

di Paolo Amighetti

Dallo scorso 19 dicembre, in Catalogna è lecito sognare l'indipendenza. Niente più provocazioni o fantapolitica: raggiunto il «patto di sovranità» tra CiU e Esquerra tutto è possibile. Nella fattispecie, è possibile che la classe politica catalana lavori d'amore e d'accordo per indire un referendum nel 2014.
Che si profila come un annus mirabilis per scozzesi e catalani, anche se molte analisi lasciano intuire che i primi, in larga misura tax-consumers, preferiranno all'indipendenza la comoda redistribuzione inglese. A prescindere dal risultato dei referenda, comunque, in Europa si prenderà atto di un grosso evento: e cioè che a decidere dello status politico di intere aree saranno i cittadini che vi vivono e lavorano, la cui libera scelta le caste governative dovranno rispettare. In attesa di questa rivoluzione, diamo un'occhiata alla situazione catalana per come si presenta oggi.
Da un lato, il «patto di sovranità» ha scalzato dal dibattito politico lo scontro tra destra e sinistra, privilegiando quello tra centro e periferia; che l'iniziativa sia bipartisan testimonia quanto sia ampio il consenso attorno alle tesi indipendentiste. L'intera classe politica catalana è stata costretta a prenderne atto, e a lasciarsi coinvolgere dall'entusiasmo popolare. Dall'altro, a Madrid le forze politiche nazionali sembrano aver siglato un patto silenzioso e nemmeno tanto segreto per ostacolare la Catalogna: nessuno ha interesse a lasciarsi sfuggire il motore dell'economia, l'area più produttiva del Paese, la Lombardia del Mediterraneo.
Va bene il riconoscimento della lingua catalana, passi la Generalitat autonoma: ma quando si parla di sovranità fiscale (l'unica che conti sul serio) Madrid fa orecchie da mercante. Figurarsi se qualcuno pretende l'indipendenza della Catalogna intera. E Bruxelles?
Scrive su L'Indipendenza Salvatore Antonaci: «Riguardo all’Europa, i traccheggiamenti e la fuga dalle responsabilità, escamotages sinora utilizzati per trarsi d’impaccio da un contenzioso spinoso, potrebbero presto non funzionare più. Gli alti papaveri di Bruxelles dovranno, insomma, scegliere quale parte in commedia interpretare, se quella di una riedizione più dimessa della liberticida Unione Sovietica del tempo che fu o quella di sponsor del principio di autodeterminazione, ruolo che imporrebbe una profondissima ristrutturazione dell’edificio stesso della casa comune europea.»*
In gioco ci sono molti fattori; l'incertezza, dunque, resta. Da qui al 2014 possono succedere un mucchio di cose, senza contare che l'iter burocratico per arrivare al referendum catalano è lungo e faticoso. Oltre alla Generalitat vi sono coinvolte le istituzioni spagnole, che guardano con chiara antipatia alla svolta referendaria, e la Corona. Ma gli sviluppi recenti in Catalogna lasciano ben sperare. Se l'Europa ha un futuro, è a Barcellona.
 
*Salvatore Antonaci, Patto per l'indipendenza in Catalogna, farsa elettorale e silenzio stampa in Italia (L'Indipendenza, 19 dicembre 2012)   

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