giovedì 20 marzo 2014

Le alternative all'inganno del "Contratto Sociale", città e strade private

Premessa
 
di Luigi Angotzi


Lysander Spooner, anarchico statunitense di metà '800, muoveva le sue critiche al "regime democratico" facendo una disamina al concetto di "Contratto Sociale", già anticipato dagli scritti di metà '700 dall'illuminista elvetico J.J. Rousseau.
 Spooner sosteneva attraverso un ragionamento prettamente giuridico la non validità dei Governi, dello Stato e delle Leggi.

Difatti, le Carte Costituzionali adottate dagli Stati come documenti che vincolavano il popolo "Ab aeterno" possono essere annoverate nella categoria dei "contratti".

Le costituzioni, se mai dotate di legittimità, sono state ratificate da individui (solo taluni ne accettavano il contenuto ma mai la totalità di essi) ormai deceduti e quindi è inammissibile che esse vengano ritenute ancora valide, proprio perché parte dei contraenti non esistono più.

Spooner approfondisce il concetto dimostrando anche come tali contratti, vengano raramente rispettati e quindi, proprio per inadempienza, dovrebbero ritenersi "non più validi" (risoluzione per inadempimento).

A partire da questi ragionamenti egli afferma che «le Nazioni, i Governi e Gli stati non hanno legalità alcuna e che i giuramenti sulla Costituzione non hanno validità giuridica».

Il contratto sociale è da ritenersi “non valido” e quindi i Governi devono essere considerati come un'associazione di malfattori, che dietro la pretesa d'offrire protezione ai cittadini, impone il pagamento delle tasse.

“Il governo non si accontenta d'esercitare l'autorità sugli individui, ma cerca di spaventarli o persuaderli che senza la sua autorità la vita sarebbe impossibile.

Se il governo è dunque illegittimo, lo Stato è, come il Governo, un usurpatore delle libertà individuali che basa la propria autorità sulla passività dei governati”.

Dunque alla luce di queste riflessioni il fallimento del "Contratto Sociale" è palese, tuttavia non bisogna eliminare tout-court la categoria dei contratti, infatti se questi vengono conclusi nella libera autonomia negoziale delle parti (in condizioni di parità), la volontà darà legittimazione a questi accordi.

Gli effetti, cioè i risultati giuridici ed economici saranno prefissati, e si otterranno con la spontanea collaborazione delle parti, queste saranno poi libere di rinnovare l'accordo o meno.

Dopo questa doverosa premessa, necessaria a fare chiarezza sul tema dei contratti "pubblici" e "privati", introduco il lavoro svolto da Miki e Tommaso che, con le loro analisi (due focus specifici sulle città private e sulle strade private) ci dimostreranno non solo che "sì, è possibile regolare la Cosa pubblica con modalità privatistiche" ma che è già stata una realtà in passato e considerazione personale, sarà una procedura forzata da adottare per il presente e l'immediato futuro.

I due argomenti, in questa occasione, verranno osservati da una differente prospettiva, quella del libero mercato, che si autoregola ottenendo risultati vincenti senza che sia necessario l'intervento dello Stato.

Agendo così, avremo ad esempio "Città private", ossia con una gestione dei servizi (demandati a privati) efficienti e che non creano debito, cioè ci costerebbero solo la prestazione, non saremmo quindi costretti a pagare tasse su tasse per ripianare debiti fatti dai Comuni, Province e Regioni scaricati sui (pessimi) servizi offerti.

Inoltre non saremo costretti a tenere in piedi con i nostri soldi "carrozzoni" pubblici e municipalizzate solo per garantire voti clientelari a politicanti affaristi.[i]

La cattiva gestione dei Comuni potrebbe essere risolta in questo modo, togliendo potere decisionale al Pubblico e restituendolo ai privati cittadini, chi meglio di loro potrebbe scegliere con oculatezza i servizi che ritiene più opportuni per sé.



Stesso discorso vale per le strade, argomento spauracchio per chi non conosce le tesi libertarie.

Ogni qualvolta che si cerca di sottrarre tale gestione dai poteri dello Stato (per affidarlo ad una gestione privata) si alza subito un vespaio di critiche, le principali delle quali sono:"Se non ci fosse lo Stato chi le costruirebbe le strade?" oppure anche: “Chi si occuperebbe della manutenzione?”



A questa domanda ed a tutte le altre che vi sarete posti durante l'introduzione di questi argomenti, troverete risposta leggendo le pagine a seguire.
Il lavoro svolto sarà diviso in una prima parte (inerente alle Comunità contrattuali) curata da Miki ed una seconda parte (attinente alle strade private) realizzata da Tommaso.


Chiudo questa mia breve premessa facendo notare come gli argomenti in questione  siano (sempre) di stretta attualità, basti pensare alla spiacevole vicenda del Decreto “Salva Roma”, in una città con una gestione privata un fatto del genere non sarebbe mai potuto accadere.

Fare debiti e pagarli con i denari di altri individui è purtroppo la conseguenza dell’attuale sistema deresponsabilizzato delle proprie azioni.  

Anche la protesta (mal indirizzata) dei “ forconi” in una strada a gestione privata non si sarebbe mai potuta realizzare, il motivo è semplice, quando si paga una prestazione di questa natura, chi eroga il servizio si prodiga affinché nessuno disturbi con atti lesivi il diritto di circolazione di chi ha pagato per usufruirne.



Buona lettura!


[i] Dall'esito di due recenti studi, il primo della CGIA di Mestre ci comunica che le tasse dal 1997 ad oggi sono aumentate del 200% ed il secondo della Corte dei Conti certifica che le tasse pagate all'80% sono costituite da tasse locali.



http://www.corriere.it/economia/14_marzo_06/corte-conti-tasse-salita-37719fa0-a51e-11e3-8a4e-10b18d687a95.shtml






Prima Parte 

 Le comunità contrattuali

 di Miki Biasi
 
In tema di "comunità contrattuali" si suole ricondurre le molteplici conformazioni che la cooperazione umana volontaria può assumere nella realtà a due modelli di carattere generale: da un lato abbiamo il modello della comunità proprietaria, dall'altro quello dell'associazione comunitaria.
In cosa si differenziano questi due modelli di "comunità contrattuale"?
Cerchiamo di comprenderlo analizzando ciascuno di essi tanto nella propria struttura astratta, quanto nella propria attuazione concreta.


Quanto al primo modello, esso viene puntualmente definito da G. Brunetta e S. Moroni nel loro lavoro "Libertà e istituzioni nella città volontaria":
Il modello della comunità proprietaria prevede che il proprietario unico privato di un certo territorio, lo organizzi, infrastrutturi e gestisca al fine di elevarne il valore e potersi assicurare adeguati versamenti da affittuari di porzioni o elementi dello stesso.
Gli affittuari accettano le regole d'uso contenute nei contratti di affitto e contribuiscono all'impresa pagando il canone pattuito.
Il proprietario unico svolge, per parte sua, quattro funzioni principali tutte concorrenti a incrementare il valore dei suoli che possiede. In primo luogo, il proprietario unico concepisce un idea progettuale e si occupa (direttamente o meno) della sua realizzazione. In secondo luogo, stabilisce le regole d'uso degli immobili e di svolgimento in essi delle attività previste. In terzo luogo, si occupa di individuare e selezionare gli affittuari, stabilendo requisiti d'ingresso e valutando di volta in volta le richieste. In quarto luogo, mantiene la sua funzione di gestione e orientamento della comunità proprietaria tramite il controllo del rispetto dei contratti d'uso, la manutenzione delle unità immobiliari, l'erogazione dei servizi, l'attivazione di iniziative promozionali locali ed extralocali e così via. nota 1  

Gli autori anzidetti, nel medesimo lavoro, forniscono una precisa definizione anche del secondo modello di comunità contrattuale:
Il modello dell'associazione comunitaria prevede che un insieme di individui, ciascuno dei quali proprietario di una delle unità immobiliari che insistono su un certo territorio, accetti una serie di regole di convivenza condivise e versi una quota in un fondo unico per garantirsi alcuni servizi collettivi forniti su aree di proprietà comune. Per quanto riguarda la situazione proprietaria, si può dunque dire che ognuno dei membri dell'associazione possiede un unità immobiliare (per es. l'appartamento in cui vive) e possiede in comproprietà con altri, per il tramite dell'associazione stessa, un insieme di aree e edifici di uso comune(per es. piazze , strade, parchi, impianti sportivi)
Le regole sono contenute, in parte, in quella che può chiamarsi la "carta costitutiva" dell'associazione (accolta contrattualmente dagli acquirenti all'atto d'acquisto di certi beni immobili e vera e propria costituzione locale) e in parte nei regolamenti introdotti in seguito da un corpo elettivo (board).
In sintesi i compiti principali del board sono quattro. In primo luogo, controllare che i covenants originari (regole contenute nella carta costitutiva) siano rispettati dai membri dell'associazione ed eventualmente intervenire - con segnalazioni, richiami o multe - in caso di accertata violazione. In secondo luogo, introdurre regole integrative per  disciplinare aspetti ulteriori della convivenza. In terzo luogo, raccogliere le quote associative che finanziano le attività comuni. In quarto luogo, fornire e gestire attrezzature e servizi collettivi, amministrando il budget dell'associazione. nota 1



Questa breve e sommaria descrizione degli elementi strutturali dei due modelli principali di comunità contrattuale, permette ora di soffermarsi sulle realizzazioni concrete della cooperazione umana volontaria, cioè sulle concrete comunità contrattuali oggi esistenti ed in funzione. nota 2
Gli esempi sono sparsi in tutto il mondo, ma è negli Stati Uniti che c'è stata e c'è tuttora una vera fioritura di questi modelli di cooperazione volontaria. Tra l'altro, data la nostra vicinanza culturale con questa nazione, sarà più facile comprendere la conformazione e gli scopi delle comunità contrattuali in essa sviluppatesi.

Tra i casi più interessanti spiccano le comunità di Columbia (Maryland) e Woodlands (Texas). Entrambe costituiscono attuazione del secondo modello di comunità contrattuale sopra descritto: sono associazioni comunitarie.


La Columbia Association è un associazione comunitaria di cui fanno parte oggi circa 32000 unità residenziali e ricomprende anche realtà commerciali e produttive. La città si estende su un territorio di quasi 61 chilometri quadrati. Essa non è ricompresa in una municipalità locale, ma è comunque soggetta al controllo e alla regolamentazione della contea.
Il suo sviluppo è dovuto all'imprenditore James Rouse che nel 1957 acquista il terreno originario per l'investimento da circa 150 proprietari singoli che possedevano parcelle di varie dimensioni. Nel 1966 la realizzazione può avere inizio.
il territorio è diviso in 10 villaggi le cui strade convergono al centro dove si collocano scuole, campi da gioco, luoghi di ritrovo, negozi. Già nelle prime fasi del progetto James Rouse cerca di promuovere la tolleranza e l'integrazione religiosa: per sua iniziativa si formano la Columbia Cooperative Ministry e la Religious Facilities Corporation con l'obiettivo di favorire, nel nuovo insediamento, l'integrazione tra fedi diverse.
La popolazione attuale è di quasi 100000 persone.
Quanto all'associazione, le principali regole si trovano nei covenants della carta costituiva e hanno caratteristiche parzialmente diverse per i vari villaggi. I membri pagano una quota associativa annuale e fruiscono liberamente delle attrezzature e della gran parte dei servizi forniti.Il meccanismo per determinare la quota annuale è predeterminato.
La Columbia Association ha un board composto da 11 membri (10 eletti dai 10 villaggi e 1 scelto dagli eletti come presidente). Ogni villaggio, a sua volta, è organizzato in una Village Community Association e ha un suo board locale che si occupa di compiti più specifici.
Di cosa si occupa però concretamente la Columbia Association?
Essa  cura e gestisce parchi, percorsi ciclopedonali (circa 144 chilometri), piscine (23 all'aperto e 4 coperte), un centro equestre, impianti e spazi sportivi (per l'atletica,il tennis e il golf), una pista coperta per il pattinaggio su ghiaccio, padiglioni per picnic, 170 parchi giochi per bambini, 3 laghi. Complessivamente ci sono 14 chilometri quadrati di aree verdi e aperte di cui si occupa direttamente la Columbia Association.
E' da sottolineare, però, che di altri servizi e infrastrutture si occupa la contea: per esempio, manutenzione delle strade principali, raccolta della spazzatura e rimozione della neve.

A Woodlands, invece, operano tre associazioni comunitarie: la Woodlands Community Association, la Woodlands Association e la Woodlands Commercial Owners Association. Woodlands non fa parte di una municipalità locale ma rientra nella giurisdizione della contea.  Si estende su un'area di circa 110 chilometri quadrati su cui sono distribuite 25000 unità abitative e diverse attività commerciali. L'insediamento è stato fondato dall'imprenditore George Mitchell, usufruendo, però anche di alcuni incentivi pubblici.
La popolazione è di circa 80000 abitanti.
Di cosa si occupano le tre associazioni anzidette?
La Woodlands Community Association è l'associazione comunitaria che riunisce i residenti e proprietari di un primo insieme di villaggi ed è guidata da un board elettivo. La Woodlands Association riunisce i residenti e i proprietari dei villaggi rimanenti ed è guidata da un board. La Woodlands Commercial Owners Association raggruppa i proprietari di attività commerciali ed è guidata da un board.
Tutte e tre le associazioni condividono un insieme di valori. Esse forniscono attrezzature e servizi per il tramite della Woodlands Community Service Corporation, una società non a scopo di lucro.
I principali servizi forniti sono: vigili del fuoco; raccolta e riciclaggio dei rifiuti, 224 chilometri di piste ciclopedonali e strade, 105 parchi, 2 laghi, gestione di un centro ricreativo, 2 grandi complessi sportivi, 59 campi da tennis, 23 campi da baseball, 12 piscine. Complessivamente le aree verdi coprono 20 chilometri quadrati.
La contea fornisce alcuni servizi: per esempio, provvede in parte alla manutenzione di certe strade e ponti, alla segnaletica stradale, alle biblioteche.

A questo punto, con questa sommaria descrizione delle comunità contrattuali nella loro struttura e nella loro realizzazione pratica, si spera sia divenuto più chiaro il senso di tale fenomeno a livello sociale.

Resta solo una ulteriore domanda: per quale motivo si dovrebbe preferire la fornitura dei cosiddetti "servizi pubblici" nel modo sinora descritto invece che per il tramite dello Stato?
Le risposte a questa domanda sono molteplici e adesso, le più convincenti, saranno affrontate brevemente.
Uno dei motivi principali per cui, oggi, i servizi pubblici sono forniti dallo Stato che li finanzia tramite la tassazione (cioè con la coercizione) nota 3 è costituito dall'opinione che in un libero mercato, nella fornitura di tali servizi, si verificherebbe il cosiddetto fenomeno del "free rider". Per farla breve, il free rider è un soggetto che gode le utilità di un bene/servizio senza pagarne il prezzo, a discapito di coloro che invece lo hanno pagato. Esempi classici sono quelli della manutenzione delle strade, della raccolta dei rifiuti o della installazione di un sistema fognario: il free rider è conscio che altri pagheranno per questi beni/servizi, per cui egli potrà poi beneficiarne gratuitamente o ad un prezzo relativamente minore di quello sostenuto dagli acquirenti iniziali. Questo atteggiamento alla lunga porterebbe alla distruzione ed eliminazione dei servizi cosiddetti pubblici. A questo problema, se ne legavano altri come, ad esempio, gli alti costi di negoziazione tra individui per il finanziamento di questi servizi
 Per questo, nella fornitura dei "servizi pubblici" lo Stato sarebbe da preferire alle libere transazioni tra soggetti (cioè, al libero mercato): lo Stato infatti, tramite la tassazione, è capace di imporre a tutti il versamento di un contributo utile al finanziamento del "servizio pubblico".
Il fenomeno delle comunità contrattuali, però, come sopra descritto, ci mostra una realtà diversa: tramite la proprietà e il contratto (cioè i due strumenti essenziali del libero mercato) è possibile fornire i cosiddetti "servizi pubblici", superando il problema del free rider. Lo sviluppo su larga scala (centri commerciali e complessi residenziali) e il contratto possono essere utilizzati come strumenti di "internalizzazione delle esternalità", cioè possono permettere ai beni/servizi solitamente considerati pubblici in quanto non escludibili (e soggetti, pertanto, al fenomeno del "free rider") di divenire beni privati ed escludibili.
Per rendersi conto della portata di questo fenomeno, si può pensare a qualcosa che è molto più vicino alla nostra realtà: gli hotel.
L'hotel ha le sue aree pubbliche e private, i corridoi come strade e la hall come piazza principale. Nella hall c'è il parco comunale con le sue sculture, fontane e piante. Il suo sistema di trasporto pubblico, quando esiste, funziona in verticale, anzichè in orizzontale. Inoltre i grandi hotel gestiscono spesso anche un sistema orizzontale di trasporto pubblico sotto forma di furgoni o navette per gli aeroporti, per i parcheggi e per il centro della città. Come le città gli hotel forniscono i servizi di pubblica utilità come l'elettricità, l'acqua e le fognature. L'amministrazione fornisce la sicurezza e la protezione contro gli incendi. Alcuni hotel forniscono cappelle, concerti, la cura dei bambini e accordi di credito all'interno della comunità.[...] La costituzione di un hotel sarebbe il suo statuto, mentre i suoi accordi con il personale e con gli ospiti sarebbero la sua legge. nota 4

Dunque, una volta accertato che i "servizi pubblici" possono essere forniti tanto in un sistema di libero mercato (tramite lo scambio) quanto dallo Stato (tramite la tassazione), si tratta di capire quale delle due modalità di cooperazione umana scegliere.
Le ragioni principali che indurrebbero a scegliere il sistema del libero mercato possono essere riassunte brevemente in tre punti:

1) In un sistema di libero mercato ogni attività produttiva è sottoposta alla concorrenza ed è da essa stimolata. Inoltre ogni attività produttiva, quando produce servizi indesiderati, subisce delle perdite. La fornitura di servizi da parte dello Stato, invece, non è sottoposta a nessuno di questi due meccanismi. Dunque, la fornitura di servizi pubblici, in un sistema di libero mercato, sarebbe variegata (invece che standardizzata) e. per di più, tramite il meccanismo dei profitti e delle perdite imprenditoriali sarebbe più rispondente alle scelte dei componenti della comunità.

2) Coloro che forniscono servizi pubblici all'interno di una comunità contrattuale sono sottoposti a regole di diritto privato. I corpi elettivi della associazioni comunitarie, o il proprietario unico, devono attenersi a quanto stabilito nei contratti, come accade comunemente in altri settori dell'economia, e non possono cambiare arbitrariamente le regole dei contratti. Diversamente, contro di loro, potrebbe essere proposta un azione legale. Coloro che, invece, si occupano della fornitura STATALE dei servizi pubblici, una volta eletti, non sono legati da vincoli stretti come possono essere quelli contrattuali. Di conseguenza, è parecchio più difficile far valere le proprie pretese nei loro confronti.

Questi sopra abbozzati, sono i principali motivi per i quali sarebbe preferibile che la fornitura dei servizi pubblici fosse lasciata alle libere transazioni individuali. E' chiaro che meriterebbero una trattazione più adeguata, che non può essere concentrata in un solo articolo. Per ulteriori approfondimenti si invita alla lettura dell'ottimo libro di Beito, Gordon e Tabarrok "La città volontaria".

A questo punto, si spera di aver aperto una nitida luce sul fenomeno delle comunità contrattuali e sulla loro utilità per il benessere generale.


Note

Nota 1
Per chi volesse approfondire l'analisi dei due modelli discussi nell'articolo, ovviamente, si consiglia caldamente la lettura del lavoro di Brunetta e Moroni "Libertà e istituzioni nella città volontaria". Questo lavoro oltre ad essere di scorrevole lettura, fornisce parecchi esempi concreti di comunità contrattuali ad oggi in funzione.

Nota 2
Gli esempi di "comunità contrattuali" esposti nell'articolo sono tratti sempre dall'ottimo lavoro di Brunetta e Moroni "libertà e Istituzioni nella città volontaria". Il libro è ricchissimo di esempi e, come se ciò non bastasse, gli esempi sono anche ben dettagliati. Insomma, se non è parso chiaro, si tratta di una lettura consigliatissima per coloro che sono interressati all'argomento "comunità contrattuali".
Nota 3
Il termine "coercizione" qui non è utilizzato con accezioni aprioristicamente negative. Semplicemente, qui, si tenta di capire se il metodo coercitivo sia capace di creare un benessere (materiale e morale) maggiore del metodo volontario oppure no.

Nota 4
La città "volontaria" di Beito, Gordon e Tabarrok, pag 244




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