È
ugualmente inesatto storicamente il ragionamento di Block (1988, pp.
30-31) secondo il quale, poiché il possessore di una banconota
emessa da una banca con una riserva del 20 percento avrebbe solo il
20 percento di possibilità di vedersi restituito il suo denaro in
caso di una corsa agli sportelli, una banconota emessa da banca a
riserva frazionaria è indistinguibile da un biglietto della
lotteria, e sarebbe valutato al di sotto della pari se il pubblico
avesse “pienamente digerito” le implicazioni dell’emissione a
riserva frazionaria. E’ vero che una particolare banconota verrebbe
valutata sotto la pari se gli attori del mercato fossero preoccupati
di non essere in grado di riscattarla a causa di una imminente corsa
agli sportelli. Ma questa banconota, sulla quale penderebbe un non
trascurabile rischio di default, non continuerebbe a circolare,
nemmeno a sconto. Verrebbe, infatti, immediatamente presentata per il
riscatto, e quindi rimossa dalla circolazione. I marchi di banconote
sopravvissuti sarebbero i soli per i quali ci si aspetta, nella
pratica, che tutte le richieste di riscatto vengano soddisfatte (vedi
Mises 1966, p. 445). Le banconote a riserva frazionaria emesse da
banche degne di rispetto (e tali banche non furono storicamente rare)
furono in grado di circolare diffusamente al valore nominale, poiché
le altre banche e i clienti, giustamente, riconobbero che le
probabilità di andare incontro a qualunque difficoltà nel rimborso
delle banconote fosse incredibilmente piccola.
lunedì 29 luglio 2013
[Freebanking] Rigettiamo l’accusa di frode (seconda parte)
di George
Selgin e Lawrence H.
White (traduzione di Tommaso Cabrini)
sabato 20 luglio 2013
[Freebanking] Rigettiamo l’accusa di frode (prima parte)
di George
Selgin e Lawrence H.
White (traduzione di Tommaso Cabrini)
[Il seguente articolo è un estratto del paper "In Defense of Fiduciary Media-or, We are Not Devo(lutionists), We are Misesians!" - The Review of Austrian Economics Vol. 9, No. 2 (1996): 83-107 ISSN 0889-3047]
Rothbard
(1962, 1983b, 1990, 1995) a lungo sostenne che la riserva frazionaria
è intrinsecamente fraudolenta, e Hoppe segue Rothbard lungo questo
sfortunato vicolo cieco. Noi troviamo che la posizione della
intrinseca-frode sia impossibile da riconciliare con la stessa teoria
di Rothbard (1983a, pp. 133-48) del trasferimento di titoli tramite
contratto, che noi accettiamo, e alla quale Rothbard si appella per
difendere la libertà, da parte di individui consenzienti, di
impegnare volontariamente la loro proprietà (di cui sono giustamente
in possesso). Rothbard (1983a, p. 142) definisce la frode come
“l’incapacità di rispettare un accordo volontario riguardante il
trasferimento di proprietà” [1] Gli accordi relativi alla riserva
frazionaria non possono quindi essere intrinsecamente o
inevitabilmente fraudolenti. Il fatto che una particolare banca stia
commettendo una frode detenendo una riserva frazionaria dipende dai
termini dell’accordo di trasferimento dei titoli tra la banca e i
suoi clienti.
Rothbard
(1983a, p. 142) ne “L’etica della libertà” da due
esempi di frode, entrambi coinvolgono lampanti rappresentazioni
fuorvianti (in una, A vende a B un pacco il quale A dice contenere
una radio, ed invece contiene solamente un cumulo di rottami
metallici). Rothbard conclude che “se l’oggetto non è come lo
descrive il venditore, allora ha avuto luogo una frode e quindi un
furto implicito”. La conseguente applicazione di questa visione
all’attività bancaria dimostrerà che il comportamento di una
banca che detiene riserve frazionarie è fraudolento se, e solo se,
la stessa banca si presenta come se detenesse una riserva intera, o
se il contratto con i clienti prevede espressamente l’accantonamento
di una riserva intera. [2] Se una banca non si presenta come tale o
non si obbliga espressamente a detenere una riserva intera, allora la
riserva frazionaria non viola l’accordo tra la banca e i suoi
clienti (White 1989, pp. 156-57). (Nella pratica, l’incapacità di
soddisfare la richiesta di rimborso, che la banca è obbligata
contrattualmente a soddisfare, costituisce violazione dell’accordo).
Mettere fuorilegge i contratti volontari che permettono la detenzione
di riserve frazionarie rappresenta quindi un intervento nel mercato,
una restrizione della libertà contrattuale, che è una parte
essenziale dei diritti della proprietà privata.
lunedì 8 luglio 2013
Free Banking and Contract Law
di Ludwig von Mises (traduzione di Tommaso Cabrini)
L’atteggiamento dei governi europei e dei loro
Stati satelliti, in merito al settore bancario, è stato poco sincero
e mendace fin dall’inizio. La falsa premura per il welfare
nazionale, per il pubblico in generale, e per le povere masse
ignoranti in particolare è stata una semplice cortina di fumo. I
governi volevano inflazione ed espansione creditizia, volevano boom
economico e denaro facile. Quegli americani che per due volte
riuscirono ad eliminare la banca centrale erano ben consci dei
pericoli di tali istituzioni; il solo peccato è che non riuscirono a
vedere che il male che avevano combattuto si presentava in ogni
interferenza governativa nell’attività bancaria. Oggigiorno anche
lo statalista più bigotto non può negare che tutti i presunti mali
del free banking sono ben poca cosa al confronto dei
disastrosi effetti delle tremende inflazioni che ci hanno portato le
banche privilegiate e controllate dallo Stato.
mercoledì 19 giugno 2013
Lo Stato e la riserva intera
di George Selgin (traduzione di Tommaso Cabrini)

Si oppongono per svariate ragioni, una delle quali
è la loro convinzione che, in una situazione di autentico libero
mercato, il sistema a riserva frazionaria non sopravvivrebbe. Invece,
insistono, prevarrebbero le banche a riserva intera. Secondo loro,
ciò che queste ultime non hanno è l’assoluta necessità di un
campo di gioco inclinato a loro favore come per le banche a riserva
frazionaria, caratterizzato in particolare da garanzie implicite ed
esplicite sui depositi, finanziate attraverso il prelievo su tutte le
banche, e qualche volta tramite tassazione ed inflazione. In parole
povere il sistema bancario a riserva frazionaria viene nutrito da
sussidi statali.
I sostenitori del free banking hanno provato a
rispondere a questa argomentazione facendo notare come la riserva
frazionaria abbia prevalso sotto qualunque tipologia di
regolamentazione, fin dai primi inizi dell’attività bancaria,
senza escludere periodi che comprendevano una ridottissima
regolazione, come quelli di Scozia, Canada e Svezia e che erano privi
della seppur minima traccia di garanzie statali o qualunque altro
tipo di sostentamento artificioso. Ma poiché alcuni sostenitori
della riserva intera sembrano non essere smossi da questo approccio,
seguirò un diverso percorso, che consiste nell’evidenziare che
ogni significativa banca a riserva intera che la storia ricordi fu
un’impresa sussidiata dallo Stato, che dipese per la sua stessa
sopravvivenza da un connubbio di sussidi governativi diretti,
patrocinio forzato o leggi che sopprimevano le istituzioni
concorrenti (a riserva frazionaria). Eppure, malgrado gli
speciali aiuti di cui hanno goduto, ed il loro solenne impegno ad
astenersi dal prestare il denaro depositato presso di esse, tutte
quante sono andate a finire male. Non solo, furono queste banche a
riserva intera sussidiate dallo Stato, piuttosto che le loro
controparti private e a riserva frazionaria, che furono i progenitori
delle successive banche centrali, a cominciare dalla Bank of England.
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