mercoledì 15 maggio 2013

Matrimonio gay, o no?


 di Tommaso Cabrini


Il matrimonio tra persone dello stesso sesso non mi crea alcuno scandalo, non ritengo di avere alcun pregiudizio nel confronto degli omosessuali.
Ciononostante sono assolutamente contrario all’introduzione del gay-marriage all’interno dell’ordinamento italiano.
Senz’altro a prima vista le due posizioni sembrano inconciliabili, tuttavia siamo ben lontani dall’inconciliabilità, si tratta solamente di una dissonanza cognitiva introdotta dalla propaganda statalista.

Perché mai un matrimonio per essere tale necessita del riconoscimento da parte dello Stato, e perché mai per esistere dovrebbe essere celebrato davanti ad un Sindaco? Stiamo forse parlando di un dio e del suo rappresentante terreno? Assolutamente no!

Non solo, perché mai il matrimonio eterosessuale dovrebbe essere un affare di Stato? Un affare peraltro così importante da richiedere l’attenzione un intero libro, su sei totali, del Codice Civile?
Se, come dice un adagio “tra moglie e marito non mettere il dito”, perché bisogna invece infilarci in mezzo un’elefantiaca burocrazia?
Dopotutto il matrimonio di Stato è solamente una istituzione recente, ottocentesca per la precisione, come può essere così fondamentale?
Per chi crede non è forse più importante la componente religiosa e sacramentale, piuttosto che quella statalista burocratica? O la componente reputazionale di reciproco giuramento tra i coniugi di fronte ai parenti ed agli amici, piuttosto che ad uno sconosciuto in fascia tricolore? O per altri l’aspetto contrattualistico del matrimonio secondo il quale i coniugi si legano ad una serie di diritti e doveri reciproci, non solo di stampo patrimoniale, magari senza gli stretti e scomodi vincoli imposti da invasati pretenziosi di andare incontro da un bene comune?

Ciò che vorrei non è una ammissione al matrimonio di Stato delle coppie omosessuali, bensì la definitiva fine dei matrimoni consacrati da qualsiasi amministrazione pubblica, autoelevatasi a sacerdote (in modo alquanto eretico aggiungo), poiché il matrimonio è solo tra individuo e individuo, tertium non datur.

2 commenti:

  1. Penso che il riconoscimento da parte dello Stato vado inteso come un riconoscimento da parte della società nel suo insieme. Il matrimonio è, infatti, questo: il riconoscimento da parte dello Stato del legame d'amore che unisce due persone. Penso che per il raggiungimento del pieno rispetto delle persone omosessuali, bisogna prima di tutto concedere loro il matrimonio. Quindi, solo dopo si potrebbe pensare di toglierlo a tutti.

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  2. Non condivido affatto la sovrapposizione tra "stato" e "società nel suo insieme". Non solo, penso che il primo sia enormemente distruttivo per la seconda, ma non divaghiamo.

    Per quanto mi riguarda il matrimonio è sostanzialmente presentarsi alla società come una famiglia, indipendentemente dall'esistenza dello stato (non per niente il matrimonio statalmente riconosciuto è nato millenni dopo rispetto al matrimonio stesso).

    Detto questo, chiedere la pervasività statale in ogni aspetto matrimoniale per poi poterlo eliminare nel complesso, dal mio punto di vista, è sensato tanto quanto un medico che dice "prima uccidiamo del tutto il paziente, e dopo pensiamo a curarlo"

    Tommaso Cabrini

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