Un tempo il capitalismo era un affare per ricchi, fondare un’azienda ha sempre richiesto grandi capitali e l’innovazione finanziaria ha cercato di andare incontro agli imprenditori cercando metodi più facili di trovare denaro. Tornando indietro di qualche secolo l’imprenditore poteva contare solamente su quanto investito dalla propria famiglia o sul prestito di qualche grande banchiere.
Progressivamente si è allargato sempre più il mercato dei capitali, dando la possibilità a un maggior numero di persone di partecipare, prestando denaro o investendolo direttamente nelle aziende. Ciò è avvenuto attraverso una grande intuizione: anziché chiedere un grande finanziamento si chiede a tanti finanziatori una cifra più piccola facendo nascere così le azioni e le obbligazioni.
Se con la riforma pensionistica tutti i cileni sono diventati capitalisti, e quindi interessati al prosperare della propria economia e alla pace sociale, così è avvenuto con la diffusione nel nord America e in nord Europa della proprietà di azioni e obbligazioni emesse dalle aziende[1].
Oggi per possedere un’azione bastano pochi euro, ma parecchi costi aggiuntivi, come le commissioni e il bollo sul conto titoli rendono necessario comprare pacchetti nell’ordine di almeno un paio di migliaia di euro per rendere l’investimento potenzialmente profittevole. In fondo non tutti sono disposti a concentrare una tale cifra in un unico investimento.
Ma nel frattempo è stato fatto un ulteriore passo in avanti: internet, che permette la distribuzione di servizi ad un prezzo ridottissimo. Ecco dunque la possibilità di ridurre ulteriormente la dimensione dei pacchetti, fino ad arrivare a pochi spiccioli: il crowdfunding.
Crowdfunding (composto dalla parola crowd, folla e funding finanziamento) consiste nel raccogliere fondi destinati a specifici progetti da moltissime persone che partecipano per piccole cifre (solitamente meno di un centinaio di euro).
I vantaggi sono divisi tra i tre attori in gioco, i prestatori di capitale possono ottenere ritorni maggiori rispetto ai canali tradizionali, i prenditori di capitale possono ottenere denaro da una diversa fonte di finanziamento sostenendo costi minori, infine l’intermediario, mantenendo strutture leggere e dematerializzate (tutto si svolge su internet) può offrire il servizio a costi bassi ottenendo un profitto nonostante le basse commissioni.
Non esiste una forma standard di crowdfunding, si può trattare della raccolta di capitale azionario per una start up, del prestito ad una famiglia che deve ristrutturare casa, ma anche raccolta di denaro destinato a finanziare progetti no-profit, il finanziamento di una mostra o la campagna elettorale di Ron Paul.
Ad esempio il sito 33needs.com ha finanziato la nascita di Half United, una società di abbigliamento che fornisce un pasto agli affamati per ogni acquisto.
Kickstarter finanzia progetti innovativi e creativi (cinema, editoria, alta tecnologia). nel 2011 ha , con successo, finanziato più di undicimila progetti per un totale di quasi cento milioni di dollari.
Per restare in Italia ci sono anche Kapipal (simile a Kickstarter) e Zopa (che permette di prestare o chiedere in prestito denaro ad interesse).
La speranza è che in futuro il crowdfunding trasformi tutti in piccoli capitalisti, orgogliosi di essere tali e che permetta anche a quelle “categorie” più in difficoltà (come i giovani, le donne e gli esodati) di poter realizzare un’idea nella quale poter continuare a credere. Un sistema alternativo di accesso al credito, più sicuro e personalizzato, capace di andare incontro alle esigenze di tutte le parti in gioco, riducendo le distanze tra i tassi d’interesse richiesti dalle banche ai propri clienti e capace di diventare un’idea di business in tre direzioni. Io un pensierino ce lo farei!
[1] In Italia storicamente questo non è avvenuto perché lo Stato è stato il finanziatore della grande impresa, di conseguenza la concentrazione del capitale è nata per decisione politica e non tramite l’aggregazione dovuta alle banche o alla borsa.
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