“I giovani non considerano più il matrimonio come la migliore delle relazioni: il matrimonio non è più visto come il miglior modo di relazionarsi dalle giovani generazioni. Questo è ciò che è emerso da un vasto sondaggio fatto in Gran Bretagna: le coppie che si sposano diminuiscono di anno in anno, mentre cresce il numero di chi sceglie di vivere insieme, senza sposarsi.” Queste le parole con le quali il Daily Telegraph apre l’articolo dedicato non tanto al matrimonio come fenomeno sociale, quanto ad un puro fatto di carattere morale: ad essere attaccato in questo caso non è la tendenza ad affidarsi alla ribellione alle istituzioni (quando mai!), quanto l’”egoismo globale” che porta inesorabilmente alla distruzione dell’unità familiare da parte della popolazione globale, ormai dimentica delle tradizioni.
Eppure, se ci fermassimo ad analizzare la storia, ci
renderemmo conto che il matrimonio come lo conosciamo noi oggi è solo una delle
tante facoltà delle quali lo Stato si sia insignito, ma la tradizione, quella
vera, del matrimonio ha radici ben diverse. Al giorno d’oggi siamo abituati a
vedere il matrimonio come un’istituzione collegata ad un particolare rituale,
che non può che svolgersi davanti a un’autorità ed infine valevole solo perché
registrato dallo Stato.
Ma come funzionava prima che lo Stato si prendesse il
compito di regolare, controllare, registrare e non da ultimo tassare il
matrimonio? Indubbiamente c’era la Chiesa, ma è sempre stato immutato il
sacramento del matrimonio? Da queste domande è nata una piccola ricerca sulla
storia del matrimonio in Europa, ma in questo viaggio dovremo partire dalla
fine.
Oggi il matrimonio non può che essere contratto tra tre
parti: un uomo, una donna e lo Stato; quest’ultimo dispensa diritti e doveri
(secondo leggi standard) ai primi due, tant’è che non si concepisce un
matrimonio che non sia stato regolarmente approvato burocraticamente.
L’inconcepibilità di un matrimonio al di fuori dello Stato ha aperto una lunga
lista di rimostranze da parte di tutti coloro i quali non rientrano nel
matrimonio “classico” per fare in modo che anche la loro situazione venga
riconosciuta: coppie omosessuali, poligami, matrimoni di gruppo eccetera.
L’istituzione del matrimonio civile nasce solamente nel
1875, con l’introduzione da parte del cancelliere tedesco Otto von Bismarck del
Zivilehe con lo scopo di
accrescere la separazione Stato-Chiesa (anche se la pratica di registrare il
matrimonio da parte dello Stato ha radici molto più antiche: nacque infatti con
la riforma protestante, nel XVI secolo).
Ma anche la
dottrina del matrimonio secondo la
Chiesa ha un’origine ben precisa: il sacramento come lo
conosciamo noi oggi ebbe origine con il concilio Lateranense IV del 1215 e
rafforzato con il concilio di Trento nel XVI secolo. Prima di allora il
matrimonio si svolgeva in modo molto diverso: innanzitutto il matrimonio era un
contratto a volte scritto, altre orale, da cui nacque l’esigenza di avere dei
testimoni, davanti ai quali avveniva lo scambio delle promesse di matrimonio.
Possiamo immaginare, ad esempio, un matrimonio di paese come una festa, con
banchetto in un luogo rappresentativo, come una grande quercia, dove gli sposi
si promettevano l’un l’altra e successivamente venivano presentati alla
comunità dal capo villaggio come marito e moglie. Il matrimonio formalmente era
monogamo tuttavia sono noti casi di poligamia, ad esempio le 5 mogli di Carlo
Magno.
Anche presso i
romani il matrimonio esisteva nel quasi totale disinteresse da parte dello
Stato (l’unica norma imperativa era la monogamia) tant’è che anche le modalità
di contrarre matrimonio erano diverse: una forma religiosa prevedeva che gli
sposi preparassero una torta di farro da offrire agli dei alla presenza del
sommo pontefice. Nel caso si trattasse del primo matrimonio di una giovane il
padre vendeva fittiziamente (ma probabilmente in tempi antichi lo scambio era
molto più concreto) la figlia al marito, emancipandola così dalla famiglia
d’origine. Infine esisteva anche il matrimonio “more uxorio”: se una coppia non
sposata conviveva ininterrottamente per un anno veniva considerata sposata.
Durante l’impero il
matrimonio cambiò e divenne sostanzialmente la cerimonia già descritta come
adottata nel medioevo. Il matrimonio romano era tutt’altro che indissolubile:
poteva essere sciolto in qualunque momento dal marito (in epoca
tardo-repubblicana o imperiale anche la semplice richiesta della moglie poteva
sciogliere il matrimonio) e le principali forme di ripudio consistevano nel
richiedere alla moglie la restituzione delle chiavi di casa, oppure nel
riaccompagnarla alla famiglia d’origine.
Infine presso gli
antichi greci non esisteva alcuna forma di registrazione del matrimonio. Lo
sposo firmava un contratto con il padre della sposa ed il matrimonio iniziava
ad avere effetto con la convivenza, qualora fosse cessata definitivamente la
convivenza anche il matrimonio si sarebbe rotto.
[continua]
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