di Camilla Bruneri
Ho
recentemente parlato del controverso mondo del femminismo "al
femminile" nel mio articolo "Cinquanta sfumature di noi donne: cosa c'è oltre il femminismo", e abituandomi a sfogliare le riviste femminili, nella speranza
di documentare ulteriormente il fenomeno, ho scoperto che la Russia delle Pussy
Riot sta collezionando un vasto laboratorio di resistenza politica supportato
soprattutto dalle donne. E dagli artisti.
Dal cinema
alla musica, dalle mostre alla moda, il tormentone è ovunque. Le performance
isolate, come quelle del gruppo Voina (Guerra), artisti-attivisti sociali al
limite del teppismo, o le «monstratzie» di Artem Loskutov a Novosibirsk
regolarmente sanzionate dalla polizia, diventano cortei e flash-mob,
permettendo così alla protesta di entrare nel mainstream culturale.
Ma anche la
moda si fa influenzare dalla «rivoluzione hipster»: a fissare la svolta, dopo
il kitsch degli Anni 90 e il «glamour» del 2000, è il blog «Moda sulle
barricate» (www.fashionprotest.ru), un’idea dello stilista Aleksandr
Arutiunov: «Non ci sono più dubbi, salire sulle barricate è una nuova tendenza.
Questo blog parla di persone che la rendono elegante e dignitosa. Personaggi,
regole di stile, e tutto ciò che può esservi in comune fra rivoluzione e moda -
o il contrario, decidete voi».
Alcuni
consigli di stile per gli aspiranti rivoluzionari di tendenza?
Out: il tacco
12. In: i valenki, mitici stivali di feltro dell’Armata Rossa rispolverati per
contrastare il gelo. Magari in versione fucsia. E il thermos griffato. Out:
«lavorare per il potere e per far soldi». In: usare la politica «come fonte di
ispirazione», per esempio per la t-shirt col volto del miliardario Prohorov. La
sezione «sistema multipartitico» suggerisce il look per diversi partiti,
rigorosamente griffato.
E ancora: si
protesta anche nelle gallerie d'arte, inaugurando mostre tematiche e nei
teatri. Quest'iniziativa, trovata sul web mi è sembrata particolarmente
ironica: nella scena off di Teatr.doc, in cartellone il Berlusputin, un Dario
Fo rivisitato alla russa. Insomma, nessun limite alla provocazione: l'universo
russo si prepara ad una nuova resistenza contro il proprio sovrano ripartendo
da una nuova cultura "radical-kitsch".
E dopo la
condanna del gruppo punk Pussy Riot, un altro gruppo di convinte femministe in
topless attacca il potere maschilista dall'Ucraina: sono le FEMEN, un movimento
di protesta ucraino fondato a Kiev nel 2008. Il movimento divenne famoso su
scala internazionale per la pratica di manifestare in topless contro il turismo
sessuale, il sessismo e altre discriminazioni sociali.
Studentesse
universitarie tra 18 e 20 anni formano la colonna portante del movimento. A
Kiev, ci sono circa trecento attive manifestanti che fanno capo al movimento.
Non mancano gli uomini altresì interessati alla causa e attivamente coinvolti.
Alle manifestazioni del gruppo partecipano circa venti volontarie in topless
insieme agli oltre trecento membri completamente vestiti.
A chi domanda
se la provocazione erotica serva per risvegliare la consapevolezza femminile in
Ucraina, la fondatrice dell'organizzazione, Anna Hutsol, risponde:"Mi sono
resa conto che il femminismo tradizionale qui in Ucraina non avrebbe
attecchito, né con le donne né con la stampa e tanto meno con la società. E
allora perché non adattare il femminismo al modello ucraino?". Una
prospettiva che riscuoterà un sicuro successo nell'ormai occidentalizzato mondo
maschile: le Femen, infatti, inizialmente indossavano solo biancheria intima.
Ma da quando, nell'agosto del 2009, Oksana Shachko protestò in topless a Kiev,
le attiviste hanno sempre manifestato allo stesso modo e il movimento ha messo
in scena eventi con evidenti e provocatori
richiami erotici.
L'eco di
questo fenomeno è giunto anche in Italia: l'ormai lontano 5 novembre a Roma, in
occasione della manifestazione del Pd contro Silvio Berlusconi. In formazione
ridotta, si sono presentate con i corpi dipinti di verde, bianco e rosso (non
sempre rispettando l’ordine dei colori della bandiera italiana), gridando
slogan contro Berlusconi ed esibendo un modesto cartello con la scritta “Fuck
You Silvio”. Si può dire che da loro fosse lecito attendersi molto di più: è
infatti indubbio che l’essersi schierate politicamente (immagino senza aver ben
chiara la situazione del Paese) fa loro perdere una buona fetta di credibilità.
Non contente,
il giorno successivo, hanno tentato anche di intrufolarsi a seno nudo in Piazza
San Pietro durante l'Angelus. Le ragazze sono state condotte al commissariato
Borgo e una di loro (che è riuscita a spogliarsi parzialmente e a esibire un
cartello con la scritta “Freedom For Women!”) è stata denunciata per atti
contrari alla pubblica decenza.
Conclusione:
non è certo la fantasia a mancare, ma ribadisco il medesimo giudizio del mio
ultimo articolo sull'argomento. Una prospettiva maschilista e/o femminista non
sarà mai libera di dimostrarsi sostenibile prima di tutto al proprio interno.
Quando una protesta desidera ottenere dei risultati, le idee forti possono
funzionare, ma il concetto che sta alla base delle manifestazioni femministe (e
che starebbe alla base anche delle maschiliste, se mai dovessero esisterne) non
è il rifiuto della convenzione nella sua accezione più costruttiva, ma il suo
mascheramento attraverso un altro dogma, se possibile più bigotto ancora.
Quindi
maschietti: come salvare le convinte femministe ancora in circolazione?
Invitandole a cena!
Bellissimo post Camilla, anch´io mi sto dedicando all´educazione "libertaria" ma a quella universitaria. Da circa un paio di anni mi sono trasferito in Cile dove ho contribuito a lanciare Exosphere, il progetto che vorra´rivoluzionare l´universita´nel mondo! Il sito e´exosphe.re (inglese) ma c´é anche una verione in italiano it.exosphe.re.
RispondiEliminaHo scritto anche un paio di post sul mio blog :
http://antoniomanno.blogspot.it/2012/03/cambiare-il-mondo-exosphere.html
http://antoniomanno.blogspot.it/2012/04/ma-perchelanciare-la-rivoluzione.html
Se t´interessa saperne di piu´contattami via email antonio.manno@lastarria.com