di Damiano Mondini
La notizia ha fatto presto il giro della rete, e alle 18.30 se ne parlava perfino a Radio 24, da Cruciani: Luigi Zingales, professore di Finanza alla University of Chicago Booth e promotore del movimento “FARE per Fermare il declino”, ha rassegnato le sue dimissioni dalla stessa formazione politica che aveva contribuito a creare nel luglio del 2012. La motivazione è inequivocabile e shoccante: il dissenso sarebbe nato dalla falsificazione, operata consapevolmente dal leader del movimento Oscar Giannino, del proprio curriculum vitae; Giannino avrebbe fatto figurare un master presso la Chicago Booth che in realtà non ha mai conseguito. Non solo avrebbe sparso sulla Rete tale credenziale falsa, ma l’avrebbe finanche ripetuta in un video-intervista rilasciato a Repubblica.it. Millantare un titolo di studio, soprattutto quando ci si erge a paladini della trasparenza e della correttezza, è un’azione grave; è ancor più grave rifiutarsi di rettificare pubblicamente, e perciò – sostiene Zingales – una presa di distanza da Giannino e dal suo movimento si rende “a malincuore” necessaria.
Le mie riflessioni saranno brevi. Innanzitutto, non conosco i dettagli della carriera di Giannino, e pertanto non posso entrare nel merito della questione relativa al master. Nella sua risposta a Zingales, peraltro, lo stesso leader di FARE ha ammesso di non aver mai conseguito quel titolo, attribuendosi esclusivamente la frequentazione di un corso presso la Chicago Booth. Certamente conta più la sostanza della forma, e le competenze economiche di Giannino non sono assolutamente da mettere in discussione: molti presunti “economisti” pluri-laureati avrebbero da imparare da lui i rudimenti stessi della loro disciplina. Nondimeno, se fosse provata la sussistenza delle accuse di Zingales, si renderebbero opportuni dei chiarimenti – e qualcuno azzarda pure un passo indietro da parte di Giannino, per ridare “moralità” alla sua proposta politica; in quel caso si porrebbe il dubbio di quale figura carismatica dovrebbe sostituirlo. Qui ci interessa tuttavia rilevare due aspetti della faccenda, entrambi a detrimento dell’iniziativa dirompente di Zingales.
Non può passare inosservata la tempistica dell’economista “liberista” di Chicago. Lunedì 18 annuncia pubblicamente le proprie dimissioni e le motivazioni ad esse sottese, che avranno senza dubbio ripercussioni rilevanti sul consenso alla formazione FARE; domenica 24 e lunedì 25, seigiorni dopo, si vota alle politiche nazionali e in ben tre ragioni (Lombardia, Lazio e Molise), con FARE che tenta una disperata lotta contro il tempo per sfondare almeno alla Camera e in Lombardia la soglia di sbarramento. Una sola coincidenza non è una prova, ma sarebbe un’offesa alla genialità del personaggio presumere che non fosse consapevole delle conseguenze che il suo gesto avrebbe comportato. Al di là dei tentativi di sdrammatizzare avanzati da Michele Boldrin - per il quale tutta l’operazione sarebbe stata un gioco mediatico concordato da Giannino e Zingales per portare l’attenzione sul movimento FARE - , è difficile non supporre, anche senza malizia, che dietro la scelta dell’economista chicagoan vi siano motivazioni interessate e poco limpide. Non foss’altro perché, in caso contrario, dovremmo ritenere la sua integrità morale superiore al suo istinto di autoconservazione, e francamente ad una figura della sua caratura intellettuale un tale trattamento non lo possiamo riservare – a meno di non volerla derubricare a giullare o menestrello di corte.
L’altra considerazione è stata avanzata da numerosi supporters – loro amano definirsi “fattivi” – di FARE per Fermare il declino. E sottolinea come l’eventuale fine di “moralizzare” il movimento, a partire dai suoi fondatori, non possa giustificare il vulnus micidiale inferto alle migliaia di volontari – si dice 70.000 – che hanno sudato e faticato per concretizzare l’operazione. La mossa di Zingales è uno scacco inaudito all’impegno dei sostenitori, poiché rischia di vanificarlo e di condannare il movimento, certamente incolpevole delle eventuali sbandate di Giannino, ad un fallimento immeritato. Zingales avrebbe dovuto considerare in modo più oculato le reazioni a catena che la sua scelta – quand’anche giustificata e motivata dalle più nobili intenzioni morali – avrebbe provocato. Molti sostenitori hanno perso la fiducia, e forse non voteranno più FARE alle prossime elezioni: la consideravano l’unica alternativa credibile, e questo siparietto fra i due fondatori minerà per un po’ tale convinzione. Le proposte politiche concorrenti ne approfitteranno; anzi, Berlusconi ha già preso l’occasione al balzo per delegittimare la personalità di Giannino. E sono passate a dir tanto ventiquattro ore: the worst is yet to come, il peggio deve ancora venire. Luigi Zingales era perfettamente a conoscenza del torto che avrebbe arrecato a tante persone innocenti, oltre che alla bontà di un progetto. Per cui la sua azione è inqualificabile e abietta, a prescindere dalla veridicità della sua accusa. Il combinato disposto delle due prospettive – la menzogna di Giannino e la scarsa lungimiranza di Zingales – potrebbe risultare deleterio, quando non fatale, per le sorti nel neonato partito. Ci auguriamo di tutto cuore che non sia così.
Sono piuttosto d'accordo. La mossa di Zingales non è assolutamente lungimirante, e faccio proprio fatica a comprenderla.
RispondiEliminaIl movimento è tanto di Giannino quanto di Zingales (o Boldrin), quindi non capisco perché allontanarsi da Fare. Al suo posto avrei piuttosto chiesto a Giannino di fare un passo indietro.
Sarebbe stato in ogni caso devastante, ma purtroppo Giannino la cazzata l'ha fatta, c'è poco da fare.
Delusione e rabbia.
P.S.:
Da quanto ho letto in giro, Giannino alla Chicago Booth non ha proprio seguito neppure un corso.
A Chicago avrebbe seguito un corso di inglese, ma evidentemente da un'altra parte.
Pare proprio che Giannino abbia seguito un corso d'inglese da un'altra parte. Davvero, lui e Zingales hanno fatto due figure barbine. "Delusione e rabbia".
EliminaDamiano Mondini
tanti anni addietro, ero molto giovane ed appena avvocato (allora si diceva procuratore legale), incontrai ad una cena un conoscente che da tempo avevo perso di vista. così "che fine hai fatto", gli chiesi. rispose:"sono andato a fare un master in america". da buon seppur giovane avvocato, tra analisi del linguaggio ed individualismo metodologico, o se volete solo a ragion di diffidenza, riflettei e replicai:" e poi che sei andato a farlo, il master l hai fatto?". "NO" mi rispose. il diavolo è nei dettagli e il buon giannino, bravo, simpatico e dalla personalita effervescente, è scivolato sulla classica buccia di banana. per me, che ammiro mises e non friedman, il dispiacere è relativo. ma di certo piacere non mi fa. ed anche se FARE decidesse di andare avanti, non sarebbe piu lo stesso. perche di FARE giannino era il faro. il resto è, purtroppo, seminoia. e cio perche FARE nasce, secondo la moda di oggi, come partito personalistico. cosi anche se all interno vi sono molte persone valide, il partito con l immagine di giannino si identifica. allora se resta, non va bene, si perde di credibilita. se se ne va, non va bene lo stesso: si perde in appeal. come levare, si parva licet, grillo ai pentastellati. d altra parte lo stesso dibattito sull "esplosione ad orologeria" del problema, ricorda la giustizia ad orologeria di berlusconi o le urla al "gombloddo" dei grillini. sono situazioni in cui non si deve finire, perche per il solo finirci dento, si è fregati. allora il vizio è all origine: personalizzazione cui consegue necessariamente assenza di identita che prescinde dal singolo. il fascino del leader ha un peso, tuttavia non si deve partire dalla persona e costruire il partito intorno, bensi l inverso. allora la forza sara nei molti, ancor più: nelle idee. e la personalita spumeggiante o piu in vista dara lustro e fascino, ma ove cadesse, beh, non ci sarebbe troppo rumore. la sinistra insegna: un compagno che sbaglia. allora propongo (io che in FARE non c ero, anche per gli motivi esposti, che mi lasciavano, seppur simpatizzante, un po diffidente): e se ci trasferissimo tutti nel pli (da de luca)? li ci stanno mentori da nulla, per tutti einaudi, indiscutibili e nella storia. basta con liste che puntano sul leader: berlusconi, casini, fini, monti. non siamo al festival di sanremo. mani pulite ha distrutto i partiti, salvo il pci. ed il pd infatti rimane. il resto è stato tutto un inseguirsi di personalismi e seguaci. cosi non andra mai bene.. d altra parte giannino se non erro proviene dal pri, che non è il partito liberale, e non dal pli...
RispondiEliminaPer parte mia, alle prossime regionali voterò FARE in Lombardia. Per le Politiche nazionali, che Dio ci assista.
EliminaDamiano Mondini
Il PLI ha seri problemi a livello ideologico. Ed anche nella sua storia, dove tra i mentori, oltre a Einaudi, c'è anche Croce... :)
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda voterò il partito dell'astensione.
Tommaso Cabrini
si, su croce hai ragione, oggi si potrebbe definire un socialdemocratico. c'è anche qualche problema a livello ideologico, è vero. ma in tanti, e con tanti giovani, si potrebbe modernizzare. approfittando di quel che ci sta di positivo: una parte del pensiero che ancora vi insiste (l altra sera in tv de luca si spendeva per liberalizzare almeno le droghe leggere... qui in italia una posizione "incredibile"), un'immagine liberale indiscutibile a livello europeo, una tradizione riconosciuta che serva da ombrello. perché io odio il senso del suicidio, a me piace vincere e non perdere: guarda un liberale come Facco, figura di tutto rispetto: che figura scema è farsi cacciare presentando forza evasori? era ovvio il risultato. si vuole vincere o perdere? io voglio che il liberalismo sia preso sul serio, perchè ci credo. e detesto quando qualcuno fa si che sia deriso! guarda giannino (che pur mi sta simpatico, ma ha fatto un danno enorme), adesso neanche le lauree sono vere, e si parla dello zecchino d'oro... ma è un pazzo mitomane, un complessato che - pur colto e brillante - ha bisogno dell'etero riconoscimento? se uno non ha il coraggio di essere sé stesso, di bastarsi, il coraggio delle proprie idee, ma chi si può affidare a costui? il partito liberale, ed è ovvio che è un'ipotesi che butto là, problematicamente, non è un fine. è un mezzo. per la diffusione attraverso un veicolo consolidato di una vera cultura liberale. dove i liberali sparsi si potrebbero riunire. certo, che se poi rivince la linea socialista liberale di zanne, tra l'ulivo e rutelli, manco a parlarne...
RispondiEliminazanne sarebbe zanone... refuso
RispondiEliminae non parlo di voto, oggi completamente irrilevante, ma di entrarci in massa, in una grande rifondazione liberale che riunisca tutti i liberali dispersi, ed i tanti giovani che amano la libertà, e prenderne possesso. perche il problema dei liberali, un po nella loro struttura individualista, è non avere una casa comune, e cosi non contare quanto dovrebbero. apprezzo idee alternative
RispondiEliminaAl momento preferisco prospettive autonomiste e indipendentiste. Guardo al Nord, alla Svizzera, e non a Roma e ai modi con cui arrivarci. Meglio eleggere Bassani in Regione Lombardia e vedere che succede: già evitare di drenare miliardi a Roma sarebbe una conquista liberale di grande prestigio!
EliminaDamiano Mondini
GIANDOMENICO SEI UN MITO
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