di Andrea Fenocchio*
Quando poniamo mente ai concetti di liberalismo e di socialismo in genere concordiamo nel considerarli antitetici. Eppure, più di un intellettuale ha creduto non solo ch'essi siano conciliabili ma che addirittura possano essere ritenuti coessenziali. Se tralasciamo il «socialismo liberale» di Carlo Rosselli, il martire antifascista esule in terra francese, il più alto livello di teoresi di una necessità dell'associazione delle idee di socialismo e libertà può senza paura d'errore essere ragionevolmente riconosciuto a Guido Calogero.Il Calogero, al di là di ogni giudizio politico, va considerato come uno dei più alti rappresentanti della cultura italiana: fine e dotto umanista, acuto studioso della filosofia antica (si vedano per esempio i saggi Fondamenti della logica Aristotelica e Studi sull'Eleatismo), si avviò alla filosofia politica sotto l'influenza dei testi crociani e di Gentile di cui fu discepolo e amico e col quale stabilì un proficuo rapporto di scambio intellettuale.
La riflessione politica di Calogero, volta a dimostrare un nesso inscindibile tra realizzazione dell'idea di libertà e realizzazione dell'idea di giustizia costituì il terreno dottrinale su cui si resse il Partito d'Azione ma giunse a un tale livello di astrazione da far subire all'autore la taccia di elitario intellettualismo. La critica maggiore, che poi fu rivolta al Calogero da studiosi successivi quali Norberto Bobbio consistè nel sottolineare la difficilissima se non impossibile traduzione in pratica della sua teoria politica. Nonostante tutto permane attuale il problema sollevato dai teorici del liberalsocialismo: è possibile il trionfo della libertà in un sistema sociale che non si curi di eliminare gli ostacoli che di fatto impediscono a un individuo di fruire una libertà tale e quale a quella del suo simile (e parlo, beninteso, di ostacoli essenzialmente economici)? E soprattutto si può definire se stessi autentici cultori della libertà se ci si pone come unico scopo il perseguimento della libertà politica relegando la questione sociale al rango di un non-problema?
Sono interrogativi che necessitano di una definitiva soluzione teorica che abbia anche convincenti e ragionevoli possibilità di pratica realizzazione e che hanno una rilevanza fondamentale in questo frangente storico. Chi scrive non ha inteso, in questa sede, assumere una determinata posizione ma unicamente prospettare un tema che crede abbia un peso enorme per chi intenda avvicinarsi a movimenti che si dichiarano propugnatori di libertà, aprendo così eventualmente la porta ad un confronto positivo e costruttivo.
*Collaboratore esterno
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