In Veneto il tema dell'indipendenza è ormai all'ordine del giorno. Altrove, tutto è ancora molto confuso: la Lombardia, che pure deve pagare quasi per tutti, non sembra capace di convertire il suo disagio in una rivendicazione di autogoverno. Molti secessionisti non si decidono a scendere dal Carroccio perché danno fiducia a Maroni, o piuttosto perché convinti che ad Alberto da Giussano non ci sia alternativa. Sbagliano: c'è Pro Lombardia Indipendenza. Il movimento, nato nel settembre 2011, si propone di tenere alta la bandiera di san Giorgio, nella speranza di ammainare presto il tricolore. Ho fatto due chiacchiere con il portavoce Giovanni Roversi: l'intervista è riportata qui sotto. Postilla: mentre scrivo, il consigliere comunale di Pro Lombardia Giulio Mattu ha presentato a Roncadelle una mozione a sostegno dell'indipendenza catalana. Mattu incita il suo Comune a «attivarsi in tutte le sedi» per favorire il dialogo tra le istituzioni spagnole e catalane. La scelta di dare una mano ai popoli in cerca dell'indipendenza è eloquente: dimostra che gli uomini di Pro Lombardia non assistono inerti al cambiamento, ma cercano di esserne i protagonisti.
Amighetti: Cominciamo con una precisazione: voi non siete leghisti. Però parole come «indipendenza» e «secessione» le abbiamo già sentite una volta, e nonostante i proclami e le dichiarazioni tutto si è risolto in una carnevalata sul Po. Perché i lombardi dopo una cantonata simile dovrebbero dare fiducia al vostro movimento, Pro Lombardia Indipendenza?
Roversi: Il partito citato si è detto portatore di molte, troppe istanze, ma nei fatti non concludendone nemmeno una. Siamo consci di questi fallimenti e delusioni, ma il messaggio che veicoliamo è troppo importante per fermarsi. Una delle nostre proposte è quella di far partecipare direttamente la popolazione per le decisioni che riguardano il proprio futuro, e non c’è nessuno in grado di fare gli interessi dei lombardi come loro stessi.
A: Alcune forze politiche emergenti, come il Movimento 5 Stelle e Fermare il Declino, hanno intenzione di risolvere i problemi dell'Italia senza tuttavia metterne in discussione l'unità. Voi invece volete una Lombardia indipendente. Il vostro intento è spaccare la Penisola?
R: È un termine molto forte e non precisamente idoneo. Il crollo dello stato italiano porterà benefici a tutte le popolazioni al suo interno. Non vi è nulla da temere nel creare nuovi Stati. Siamo nel 2012, possiamo comprare merci austriache o visitare la Slovenia senza nessun problema, ad esempio. In futuro potremo continuare quindi a visitare Pompei senza problemi così come ora visitiamo l’Acropoli di Atene, oppure comperare arance siciliane così come oggi possiamo comprare pomodori spagnoli.
A: Resta in piedi l'ipotesi federalista: eppure rifiutate anche l'idea di una Lombardia federata, con ampi poteri decisionali, in una «Unione italiana». Come mai?
R: Una riforma «dall’interno» è praticamente impossibile. La Costituzione italiana è molto rigida, e il progetto «federalista» implicherebbe uno stravolgimento della stessa; entrerebbero in funzione «anticorpi» ostili al cambiamento e non ci sarebbe mai una maggioranza in quelle regioni che godono di ampi benefici dall’attuale forma dello Stato italiano. Cercare di «evangelizzare» le regioni italiane verso il cambiamento è una strategia che ha già dimostrato il fallimento più volte, basti vedere la «riforma liberale» fallita da Silvio Berlusconi o la «devolution» della Lega Nord.
A: Grazie alla crisi riaffiorano in tutta Europa i contrasti tra centro e periferia: insieme alla pressione fiscale di Madrid e Roma cresce la voglia di indipendenza di Barcellona e Venezia. Il momento è favorevole alla causa separatista? Come giudicate i successi elettorali degli indipendentisti in Spagna e l'indizione per il 2014 di un referendum in Scozia?
R: Il momento è sicuramente favorevole, i recenti casi europei lo dimostrano. In Europa le entità statali sono in continua evoluzione lungo i secoli, solo gli interessati a mantenere in vita gli Stati nazione, i responsabili di entrambe le Guerre mondiali, non si accorgono che il cambiamento è già partito in tutta Europa.
A: In Europa, l'indipendentismo si tinge di «rosso» e di «nero». Catalani e baschi sono in maggioranza socialisti, bretoni e fiamminghi sono conservatori oppure nazionalisti. Da che parte sta Pro Lombardia Indipendenza?
R: Dalla parte dei lombardi. Le connotazioni ideologiche degli altri partiti indipendentisti europei sono frutto della loro particolare storia e della società che esprimono, da noi questo non succede. Proprio perché non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo nel percorrere la strada per l’autodeterminazione e l’indipendenza, volontariamente mettiamo da parte qualsiasi connotazione ideologica.
A: Catalani, scozzesi, corsi, fiamminghi, veneti: tutti sono molto legati alle proprie radici, alla propria lingua, al proprio passato. Non a caso sono queste le minoranze che con più decisione puntano all'autogoverno. In Lombardia si parla italiano e il ricordo di ciò che fu il Ducato di Milano è molto sbiadito. Bisogna infondere anche nei lombardi una «coscienza nazionale»?
R: «Coscienza nazionale» non deve necessariamente intendersi secondo i canoni dettati dagli amanti degli Stati nazione. Il Ducato di Milano è una parte importante della nostra storia, ma non la più importante. La Lombardia come embrione di forma statuale è nata con il Giuramento di Pontida e la libera associazione tra Comuni che desideravano essere padroni del proprio destino. Nessun altro popolo in Europa, anche quelli prima citati, possono vantare una storia di democrazia e partecipazione come la nostra, precedente di un secolo persino al Patto del Grutli. Sfortunatamente le contingenze dell’epoca non ci consentirono di prendere la strada della nostra vicina Confederazione Elvetica, ma possiamo farlo ora dando buon esempio di civismo e partecipazione popolare, non dimenticando comunque le nostre peculiarità culturali internazionalmente riconosciute.
A: Il vostro materiale propagandistico è zeppo di riferimenti alla Svizzera. Intendete emulare l'esempio elvetico? In che senso?
R: La Confederazione Elvetica è attualmente il miglior Stato al mondo, ed è nostro vicino di casa. Come detto prima, abbiamo una storia simile e a tratti comune, ma noi sfortunatamente abbiamo preso strade diverse. Possiamo trarre molti spunti per migliorare le nostre comunità secondo il loro esempio, sia in materia fiscale sia in materia di organizzazione dell’entità statale.
A: L'associazione Diritto di Voto sta lavorando perché in Veneto si facciano passi avanti sulla strada dell'indipendenza. Quale strategia per Pro Lombardia? Approvate la via referendaria, benché la costituzione italiana non contempli tale ipotesi, ribadendo l'indivisibilità dello Stato?
R: Il referendum è lo strumento democratico per eccellenza, accettato in ogni angolo del pianeta. L’importante è certificare la volontà popolare verso un determinato tema, e non c’è nulla di meglio che la scelta tra «Sì» e «No». Questa Costituzione era già vigente all’epoca del Trattato di Osimo, per esempio, che sancì definitivamente la «divisione» dell’Istria dall’Italia. Le Costituzioni non sono tavole della legge scritte da qualche divinità e immodificabili, seguono semplicemente la storia, e se non si adattano, rischiano di sparire.
A: Il vostro movimento è nato da poco più di un anno. Sono stati fatti dei passi avanti significativi, ma ora quali sono gli obiettivi a breve termine?
R: Strutturarsi in una nazione di dieci milioni di abitanti non è compito semplice e servono tempo e risorse. Stiamo impiegando al massimo le nostre disponibilità, cercando nel frattempo di adattare la nostra offerta alle contingenze politiche con cui ci dobbiamo confrontare. Se avremo la possibilità, ci confronteremo in qualche competizione elettorale, ma senza lanciarci in progetti fallimentari pur di far qualcosa. Stiamo già cominciando a fare pressione nei riguardi dei gruppi politici che amministrano i Comuni lombardi, confrontandoci con loro sulle nostre idee e proposte. Nel frattempo, continuiamo la collaborazione con l'European Free Alliance, strutturando qualche progetto utile non solo a noi lombardi ma a tutti i popoli senza Stato.
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