
Qui sta la seconda ragione del loro astio, ben più seria. Il Cavaliere ha sempre cercato di trasformare la politica in una lotta tra il bianco e il nero, anzi tra blu e rossi: da una parte della barricata lui, sorridente e fiducioso, dall'altra i comunisti cupi e maligni. Suo intento è sempre stato raggiungere la coesione delle «forze moderate», garantendo a tutti una fetta di potere ad una sola condizione: che si radunassero sotto le sue bandiere e ne accettassero la leadership. La storia delle sue consorterie è lunga: prima il Msi (non ancora An), la Lega, e Casini; poi Fini, inglobato nel Pdl, Bossi e Lombardo, oltre ad una miriade di piccole liste. FARE per Fermare il Declino, al contrario, non si è aggregato al centro-destra: anzi, per i sostenitori (e anche per i promotori) di FARE la «discesa in campo» di Giannino è una risposta a quella, inutile, del Cavaliere. Senza contare che il giornalista torinese, dopo essere stato vicino a Berlusconi, se ne distacca ripetendo di essere deluso dal suo operato. Ora vuole batterlo sul suo stesso campo, quello dell'abbassamento delle tasse e dello snellimento della burocrazia: e Silvio è doppiamente indispettito. Non solo un giornalista qualsiasi ha scelto di puntargli addosso la Colt della «rivoluzione liberale»: sembra addirittura che la maneggi con più disinvoltura di lui, Berlusconi, che dal 1994 accampa diritti di monopolio sul centrodestra. Insofferente, Il pistolero Silvio ha consigliato a Sallusti di oliare la penna. Il direttore del Giornale ha eseguito pubblicando l'articolo famoso secondo cui i lombardi che votano Giannino sarebbero «come il marito che si taglia le palle per fare dispetto alla moglie». I commenti via web dei lettori, la stragrande maggioranza dei quali a sostegno del leader di FARE, dimostrano come simili prese di posizione rafforzino la fronda del centrodestra antiberlusconiano più che infiacchirla.
Questo tormenta Berlusconi più di ogni altra cosa: per piccola che sia, FARE-Fid è una crepa evidente nel muro del suo elettorato. Quale il rimedio alternativo alle critiche, le scomuniche, le accuse? Il silenzio. Sulle reti Mediaset non si parla di Giannino, o se ne parla male. Qualche sera fa, riportando le dichiarazioni dei leader più in vista, il Tg 4 ha dato spazio a tutti, ma proprio a tutti, ma non al giornalista torinese. Intendiamoci: tutti vuol dire tutti. Da Monti a Ingroia, da Vendola a Bersani, da Maroni a Di Pietro. Non solo. A Berlusconi basterebbe poco per organizzare uno spettacolo come quello di Annozero di qualche settimana fa, un bel faccia a faccia: allora giocava fuori casa, contro Travaglio e Santoro. Potrebbe allestire un match con Giannino davanti alla tifoseria amica, e schiacciare il suo debole avversario. Eppure non lo fa. Che le succede, Cavaliere? Paura non ne può avere. Forse è troppo impegnato con la campagna elettorale. Ma cosa meglio di un dibattito vittorioso con il capo di FARE può ricondurre all'ovile i dissidenti? Chissà. Misteri della lotta politica italiana. Che non si basa tanto sulle idee, quanto sugli uomini e la loro credibilità. I libertari non possono considerare Berlusconi uno dei loro. Nemmeno Giannino lo è. Ma paragonato al Cavaliere, Oscar sembra Rothbard, e (se non altro per motivi di «anzianità politica») gode di una credibilità ben maggiore. Per questo a molti elettori, libertari e non, sembra il meno peggio.
Questo tormenta Berlusconi più di ogni altra cosa: per piccola che sia, FARE-Fid è una crepa evidente nel muro del suo elettorato. Quale il rimedio alternativo alle critiche, le scomuniche, le accuse? Il silenzio. Sulle reti Mediaset non si parla di Giannino, o se ne parla male. Qualche sera fa, riportando le dichiarazioni dei leader più in vista, il Tg 4 ha dato spazio a tutti, ma proprio a tutti, ma non al giornalista torinese. Intendiamoci: tutti vuol dire tutti. Da Monti a Ingroia, da Vendola a Bersani, da Maroni a Di Pietro. Non solo. A Berlusconi basterebbe poco per organizzare uno spettacolo come quello di Annozero di qualche settimana fa, un bel faccia a faccia: allora giocava fuori casa, contro Travaglio e Santoro. Potrebbe allestire un match con Giannino davanti alla tifoseria amica, e schiacciare il suo debole avversario. Eppure non lo fa. Che le succede, Cavaliere? Paura non ne può avere. Forse è troppo impegnato con la campagna elettorale. Ma cosa meglio di un dibattito vittorioso con il capo di FARE può ricondurre all'ovile i dissidenti? Chissà. Misteri della lotta politica italiana. Che non si basa tanto sulle idee, quanto sugli uomini e la loro credibilità. I libertari non possono considerare Berlusconi uno dei loro. Nemmeno Giannino lo è. Ma paragonato al Cavaliere, Oscar sembra Rothbard, e (se non altro per motivi di «anzianità politica») gode di una credibilità ben maggiore. Per questo a molti elettori, libertari e non, sembra il meno peggio.
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