lunedì 8 luglio 2013

Free Banking and Contract Law


di Ludwig von Mises (traduzione di Tommaso Cabrini)

[Questo articolo è un estratto dal capitolo 17 di Human Action: The Scholar's Edition]
 
L’atteggiamento dei governi europei e dei loro Stati satelliti, in merito al settore bancario, è stato poco sincero e mendace fin dall’inizio. La falsa premura per il welfare nazionale, per il pubblico in generale, e per le povere masse ignoranti in particolare è stata una semplice cortina di fumo. I governi volevano inflazione ed espansione creditizia, volevano boom economico e denaro facile. Quegli americani che per due volte riuscirono ad eliminare la banca centrale erano ben consci dei pericoli di tali istituzioni; il solo peccato è che non riuscirono a vedere che il male che avevano combattuto si presentava in ogni interferenza governativa nell’attività bancaria. Oggigiorno anche lo statalista più bigotto non può negare che tutti i presunti mali del free banking sono ben poca cosa al confronto dei disastrosi effetti delle tremende inflazioni che ci hanno portato le banche privilegiate e controllate dallo Stato.

Non è altro che una favola il fatto che i governi interferirono con l’attività bancaria allo scopo di ridurre l’emissione di mezzi fiduciari e prevenire l’espansione creditizia. L’idea che guidò i governi fu, al contrario, la sete di inflazione ed espansione creditizia. Diedero privilegi alle banche perché volevano espandere i confini dell’espansione creditizia imposti dalle condizioni vigenti nel libero mercato o perché erano bramosi di una nuova fonte di entrate per l’erario. Queste due ragioni furono le principali motivazioni delle autorità. Erano convinti che i mezzi fiduciari rappresentassero un mezzo efficiente per ridurre i tassi d’interesse, e chiesero alle banche di espandere il credito a beneficio sia dell’economia che dell’erario. Solo quando gli effetti indesiderati dell’espansione creditizia divennero visibili furono promulgate leggi per ridurre l’emissione di banconote (e talvolta anche di depositi) non coperti da moneta. L’implementazione del free banking non venne mai presa in considerazione, proprio perché sarebbe stato troppo efficiente nel limitare l’espansione creditizia. I governanti, gli intellettuali e l’opinione pubblica erano unanimemente dell’idea che l’economia avesse una sacrosanta pretesa ad un ammontare di credito circolante considerato “normale” e “necessario”, e che tale ammontare non possa essere raggiunto in un regime di free banking.

(La nozione di “normale” espansione creditizia è assurda. L’emissione di mezzi fiduciari addizionali, non importa quale sia la loro entità, mette sempre in moto quei cambiamenti della struttura dei prezzi la cui descrizione rappresenta l’obiettivo finale della teoria del ciclo economico. Naturalmente, se l’ammontare addizionale emesso non è grande, non lo saranno neanche gli inevitabili effetti dell’espansione.)

Molti governi non hanno mai guardato all’emissione di mezzi fiduciari da un punto di vista diverso da quello fiscale. Ai loro occhi il principale scopo delle banche era prestare denaro all’erario. I sostituti della moneta furono gli apripista della moneta cartacea emessa dallo Stato. Le banconote convertibili furono solamente un primo passo sulla strada delle banconote non redimibili. Con il progredire della statolatria e dell’interventismo queste idee divennero sempre più generalizzate e non furono più messe in discussione da nessuno. Nessun governo oggigiorno penserebbe di passare al free banking, perché nessun governo vorrebbe rinunciare a ciò che considera una comoda fonte di entrata. Ciò che oggi è chiamata preparazione finanziaria alla guerra è semplicemente la capacità di procurare, attraverso le banche privilegiate e controllate dallo Stato, tutto il denaro di cui una nazione belligerante possa aver bisogno. L’inflazionismo radicale, anche se non viene ammesso esplicitamente, è una caratteristica fondamentale dell’ideologia economica della nostra epoca.

Persino al tempo in cui il liberalismo raggiunse il suo massimo prestigio, e i governi erano più desiderosi di preservare la pace e il benessere piuttosto che fomentare guerre, morte, distruzione e miseria, la gente risultava prevenuta nell’affrontare i problemi del settore bancario. Al di fuori delle nazioni anglosassoni, l’opinione pubblica era convinta che fosse uno dei principali compiti di un buon governo ridurre il tasso di interesse, e che l’espansione creditizia fosse il mezzo appropriato per raggiungere questo fine.

La Gran Bretagna era avulsa da questi errori quando, nel 1844, riformò le leggi bancarie. Ma le due manchevolezze della Currency School viziarono questa riforma. Da un lato il sistema di interferenza governativa nell’attività bancaria venne preservato. Dall’altro lato furono messi dei limiti all’emissione di banconote non coperte da moneta. I mezzi fiduciari furono soppressi solo nella forma delle banconote. Potevano sempre moltiplicarsi come depositi.

Nel portare l’idea implicita nella Currency Theory alla sua logica piena conclusione, qualcuno potrebbe suggerire che tutte le banche vengano obbligate dalla legge a detenere, a fronte del importo totale dei sostituti monetari (banconote più depositi a vista), una riserva monetaria del 100 percento. Questo è il nucleo del piano di riserva intera del professor Irving Fisher. Ma il professor Fisher unì il piano con la proposta riguardo l’adozione di uno standard monetario indicizzato. E’ già stato esposto perché tale schema sia illusorio ed equivalente a conferire al governo il potere di manipolare il potere d’acquisto in base agli appetiti dei gruppi di pressione più forti. Ma, anche se il piano di riserva intera fosse adottato sulla base di un puro gold standard, non eliminerebbe interamente gli inconvenienti derivanti dalle diverse interferenze statali nel settore bancario. Ciò che è necessario, per prevenire ogni ulteriore espansione creditizia, è assoggettare l’attività bancaria alla normativa civile e commerciale, obbligando ogni società ed ogni individuo ad adempiere a tutte le obbligazioni in conformità con i termini contrattuali. Se le banche venissero preservate come istituzioni privilegiate, soggette a regolamentazione speciale, rimarrebbe in mano al governo uno strumento utilizzabile per scopi fiscali. Quindi, ogni restrizione imposta all’emissione di mezzi fiduciari dipenderebbe solo dai buoni propositi del governo e del parlamento. Potrebbero limitare l’emissione nei i periodi che considerano normali. La restrizione, tuttavia, verrebbe rimossa ogni volta che un governo ritenga che un’emergenza giustifichi il ricorso a misure straordinarie. Se un governo, e il partito dietro di essa, volesse incrementare la spesa, senza mettere a rischio la sua popolarità attraverso l’imposizione di maggiori tasse, potrebbero sempre definire l’impasse “un’emergenza”. Il ricorso alla stampa di denaro e alla ossequiosità dei manager bancari, desiderosi di obbligare le autorità a regolare la loro condotta degli affari, è la principale arma a disposizione degli insaziabili governi per spendere denaro per fini per i quali i contribuenti non sono disponibili a pagare maggiori tasse.

Il free banking è l’unico metodo disponibile per prevenire i pericoli relativi all’espansione creditizia. Non sarebbe, questo è vero, di ostacolo ad una lenta espansione creditizia, mantenuta all’interno di limiti molto stretti da parte di banche prudenti che fornirebbero al pubblico tutte le informazioni richieste sulla loro salute finanziaria. Ma nel free banking sarebbe stato impossibile per l’espansione creditizia, con tutte le sue conseguenze inevitabili, evolvere in un tratto regolare (qualcuno sarebbe tentato di dire normale) del sistema economico. Solo il free banking renderebbe l’economia di mercato sicura contro le crisi e le depressioni.

Guardando indietro alla storia degli ultimi secoli, non si può fare a meno di notare che gli errori commessi dal liberalismo nel gestire il problema dell’attività bancaria rappresentarono un colpo mortale per l’economia di mercato. Non ci fu alcuna ragione per decidere di abbandonare il principio della libertà d’impresa nel campo bancario. La maggioranza dei politici liberali semplicemente si arrese all’ostilità popolare verso il prestito di denaro ad interesse. Fallirono nel rendersi conto che il tasso d’interesse è un fenomeno di mercato che non può essere manipolato ad libitum dalle autorità statali o da qualsiasi altro ente. Adottarono la superstizione secondo la quale abbassare il tasso d’interesse sia benefico e che l’espansione creditizia sia il giusto mezzo per ottenere tale denaro a buon mercato. Nulla danneggiò maggiormente la causa del liberalismo che il regolare ripetersi di frenetici boom ed il drammatico collasso dei mercati rialzisti, seguito da recessioni persistenti. L’opinione pubblica si è ormai convinta che tali avvenimenti siano inevitabili in una libera economia di mercato. La gente non comprende che, ciò di cui si lamenta, è stato la necessaria conclusione di quelle politiche dirette alla riduzione dei tassi d’interesse attraverso l’espansione creditizia. Questi hanno mantenuto cocciutamente in essere queste politiche e hanno invano tentato i combatterne le conseguenze indesiderate avallando una sempre maggiore interferenza statale.

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