di Ludwig von Mises (traduzione di Tommaso Cabrini)
L’atteggiamento dei governi europei e dei loro
Stati satelliti, in merito al settore bancario, è stato poco sincero
e mendace fin dall’inizio. La falsa premura per il welfare
nazionale, per il pubblico in generale, e per le povere masse
ignoranti in particolare è stata una semplice cortina di fumo. I
governi volevano inflazione ed espansione creditizia, volevano boom
economico e denaro facile. Quegli americani che per due volte
riuscirono ad eliminare la banca centrale erano ben consci dei
pericoli di tali istituzioni; il solo peccato è che non riuscirono a
vedere che il male che avevano combattuto si presentava in ogni
interferenza governativa nell’attività bancaria. Oggigiorno anche
lo statalista più bigotto non può negare che tutti i presunti mali
del free banking sono ben poca cosa al confronto dei
disastrosi effetti delle tremende inflazioni che ci hanno portato le
banche privilegiate e controllate dallo Stato.
Non è altro che una favola il fatto che i governi
interferirono con l’attività bancaria allo scopo di ridurre
l’emissione di mezzi fiduciari e prevenire l’espansione
creditizia. L’idea che guidò i governi fu, al contrario, la sete
di inflazione ed espansione creditizia. Diedero privilegi alle banche
perché volevano espandere i confini dell’espansione creditizia
imposti dalle condizioni vigenti nel libero mercato o perché erano
bramosi di una nuova fonte di entrate per l’erario. Queste due
ragioni furono le principali motivazioni delle autorità. Erano
convinti che i mezzi fiduciari rappresentassero un mezzo efficiente
per ridurre i tassi d’interesse, e chiesero alle banche di
espandere il credito a beneficio sia dell’economia che dell’erario.
Solo quando gli effetti indesiderati dell’espansione creditizia
divennero visibili furono promulgate leggi per ridurre l’emissione
di banconote (e talvolta anche di depositi) non coperti da moneta.
L’implementazione del free banking non venne mai presa in
considerazione, proprio perché sarebbe stato troppo efficiente nel
limitare l’espansione creditizia. I governanti, gli intellettuali e
l’opinione pubblica erano unanimemente dell’idea che l’economia
avesse una sacrosanta pretesa ad un ammontare di credito circolante
considerato “normale” e “necessario”, e che tale ammontare
non possa essere raggiunto in un regime di free banking.
(La nozione di “normale” espansione creditizia
è assurda. L’emissione di mezzi fiduciari addizionali, non importa
quale sia la loro entità, mette sempre in moto quei cambiamenti
della struttura dei prezzi la cui descrizione rappresenta l’obiettivo
finale della teoria del ciclo economico. Naturalmente, se l’ammontare
addizionale emesso non è grande, non lo saranno neanche gli
inevitabili effetti dell’espansione.)
Molti governi non hanno mai guardato all’emissione
di mezzi fiduciari da un punto di vista diverso da quello fiscale. Ai
loro occhi il principale scopo delle banche era prestare denaro
all’erario. I sostituti della moneta furono gli apripista della
moneta cartacea emessa dallo Stato. Le banconote convertibili furono
solamente un primo passo sulla strada delle banconote non redimibili.
Con il progredire della statolatria e dell’interventismo queste
idee divennero sempre più generalizzate e non furono più messe in
discussione da nessuno. Nessun governo oggigiorno penserebbe di
passare al free banking, perché nessun governo vorrebbe
rinunciare a ciò che considera una comoda fonte di entrata. Ciò che
oggi è chiamata preparazione finanziaria alla guerra è
semplicemente la capacità di procurare, attraverso le banche
privilegiate e controllate dallo Stato, tutto il denaro di cui una
nazione belligerante possa aver bisogno. L’inflazionismo radicale,
anche se non viene ammesso esplicitamente, è una caratteristica
fondamentale dell’ideologia economica della nostra epoca.
Persino al tempo in cui il liberalismo raggiunse
il suo massimo prestigio, e i governi erano più desiderosi di
preservare la pace e il benessere piuttosto che fomentare guerre,
morte, distruzione e miseria, la gente risultava prevenuta
nell’affrontare i problemi del settore bancario. Al di fuori delle
nazioni anglosassoni, l’opinione pubblica era convinta che fosse
uno dei principali compiti di un buon governo ridurre il tasso di
interesse, e che l’espansione creditizia fosse il mezzo appropriato
per raggiungere questo fine.
La Gran Bretagna era avulsa da questi errori
quando, nel 1844, riformò le leggi bancarie. Ma le due manchevolezze
della Currency School viziarono questa riforma. Da un lato il sistema
di interferenza governativa nell’attività bancaria venne
preservato. Dall’altro lato furono messi dei limiti all’emissione
di banconote non coperte da moneta. I mezzi fiduciari furono
soppressi solo nella forma delle banconote. Potevano sempre
moltiplicarsi come depositi.
Nel portare l’idea implicita nella Currency
Theory alla sua logica piena conclusione, qualcuno potrebbe suggerire
che tutte le banche vengano obbligate dalla legge a detenere, a
fronte del importo totale dei sostituti monetari (banconote più
depositi a vista), una riserva monetaria del 100 percento. Questo è
il nucleo del piano di riserva intera del professor Irving Fisher. Ma
il professor Fisher unì il piano con la proposta riguardo l’adozione
di uno standard monetario indicizzato. E’ già stato esposto perché
tale schema sia illusorio ed equivalente a conferire al governo il
potere di manipolare il potere d’acquisto in base agli appetiti dei
gruppi di pressione più forti. Ma, anche se il piano di riserva
intera fosse adottato sulla base di un puro gold standard, non
eliminerebbe interamente gli inconvenienti derivanti dalle diverse
interferenze statali nel settore bancario. Ciò che è necessario,
per prevenire ogni ulteriore espansione creditizia, è assoggettare
l’attività bancaria alla normativa civile e commerciale,
obbligando ogni società ed ogni individuo ad adempiere a tutte le
obbligazioni in conformità con i termini contrattuali. Se le banche
venissero preservate come istituzioni privilegiate, soggette a
regolamentazione speciale, rimarrebbe in mano al governo uno
strumento utilizzabile per scopi fiscali. Quindi, ogni restrizione
imposta all’emissione di mezzi fiduciari dipenderebbe solo dai
buoni propositi del governo e del parlamento. Potrebbero limitare
l’emissione nei i periodi che considerano normali. La restrizione,
tuttavia, verrebbe rimossa ogni volta che un governo ritenga che
un’emergenza giustifichi il ricorso a misure straordinarie. Se un
governo, e il partito dietro di essa, volesse incrementare la spesa,
senza mettere a rischio la sua popolarità attraverso l’imposizione
di maggiori tasse, potrebbero sempre definire l’impasse
“un’emergenza”. Il ricorso alla stampa di denaro e alla
ossequiosità dei manager bancari, desiderosi di obbligare le
autorità a regolare la loro condotta degli affari, è la principale
arma a disposizione degli insaziabili governi per spendere denaro per
fini per i quali i contribuenti non sono disponibili a pagare
maggiori tasse.
Il free banking è l’unico metodo
disponibile per prevenire i pericoli relativi all’espansione
creditizia. Non sarebbe, questo è vero, di ostacolo ad una lenta
espansione creditizia, mantenuta all’interno di limiti molto
stretti da parte di banche prudenti che fornirebbero al pubblico
tutte le informazioni richieste sulla loro salute finanziaria. Ma nel
free banking sarebbe stato impossibile per l’espansione
creditizia, con tutte le sue conseguenze inevitabili, evolvere in un
tratto regolare (qualcuno sarebbe tentato di dire normale) del
sistema economico. Solo il free banking renderebbe l’economia
di mercato sicura contro le crisi e le depressioni.
Guardando indietro alla storia degli ultimi
secoli, non si può fare a meno di notare che gli errori commessi dal
liberalismo nel gestire il problema dell’attività bancaria
rappresentarono un colpo mortale per l’economia di mercato. Non ci
fu alcuna ragione per decidere di abbandonare il principio della
libertà d’impresa nel campo bancario. La maggioranza dei politici
liberali semplicemente si arrese all’ostilità popolare verso il
prestito di denaro ad interesse. Fallirono nel rendersi conto che il
tasso d’interesse è un fenomeno di mercato che non può essere
manipolato ad libitum dalle
autorità statali o da qualsiasi altro ente.
Adottarono la superstizione secondo la quale abbassare il tasso
d’interesse sia benefico e che l’espansione creditizia sia il
giusto mezzo per ottenere tale denaro a buon mercato. Nulla danneggiò
maggiormente la causa del liberalismo che il regolare ripetersi di
frenetici boom ed il drammatico collasso dei mercati rialzisti,
seguito da recessioni persistenti. L’opinione pubblica si è ormai
convinta che tali avvenimenti siano inevitabili in una libera
economia di mercato. La gente non comprende che, ciò di cui si
lamenta, è stato la necessaria conclusione di quelle politiche
dirette alla riduzione dei tassi d’interesse attraverso
l’espansione creditizia. Questi hanno mantenuto cocciutamente in
essere queste politiche e hanno invano tentato i combatterne le
conseguenze indesiderate avallando una sempre maggiore interferenza
statale.
Nessun commento:
Posta un commento