di Tommaso Cabrini
Il matrimonio tra
persone dello stesso sesso non mi crea alcuno scandalo, non ritengo
di avere alcun pregiudizio nel confronto degli omosessuali.
Ciononostante sono
assolutamente contrario all’introduzione del gay-marriage
all’interno dell’ordinamento italiano.
Senz’altro a prima
vista le due posizioni sembrano inconciliabili, tuttavia siamo ben
lontani dall’inconciliabilità, si tratta solamente di una
dissonanza cognitiva introdotta dalla propaganda statalista.
Perché mai un
matrimonio per essere tale necessita del riconoscimento da parte
dello Stato, e perché mai per esistere dovrebbe essere celebrato
davanti ad un Sindaco? Stiamo forse parlando di un dio e del suo
rappresentante terreno? Assolutamente no!
Non solo, perché mai
il matrimonio eterosessuale dovrebbe essere un affare di Stato? Un
affare peraltro così importante da richiedere l’attenzione un
intero libro, su sei totali, del Codice Civile?
Se, come dice un adagio
“tra moglie e marito non mettere il dito”, perché bisogna invece
infilarci in mezzo un’elefantiaca burocrazia?
Dopotutto il matrimonio
di Stato è solamente una istituzione recente, ottocentesca per la
precisione, come può essere così fondamentale?
Per chi crede non è
forse più importante la componente religiosa e sacramentale,
piuttosto che quella statalista burocratica? O la componente
reputazionale di reciproco giuramento tra i coniugi di fronte ai
parenti ed agli amici, piuttosto che ad uno sconosciuto in fascia
tricolore? O per altri l’aspetto contrattualistico del matrimonio
secondo il quale i coniugi si legano ad una serie di diritti e doveri
reciproci, non solo di stampo patrimoniale, magari senza gli stretti
e scomodi vincoli imposti da invasati pretenziosi di andare incontro
da un bene comune?
Ciò che vorrei non è
una ammissione al matrimonio di Stato delle coppie omosessuali, bensì
la definitiva fine dei matrimoni consacrati da qualsiasi
amministrazione pubblica, autoelevatasi a sacerdote (in modo alquanto
eretico aggiungo), poiché il matrimonio è solo tra individuo e
individuo, tertium non datur.
Penso che il riconoscimento da parte dello Stato vado inteso come un riconoscimento da parte della società nel suo insieme. Il matrimonio è, infatti, questo: il riconoscimento da parte dello Stato del legame d'amore che unisce due persone. Penso che per il raggiungimento del pieno rispetto delle persone omosessuali, bisogna prima di tutto concedere loro il matrimonio. Quindi, solo dopo si potrebbe pensare di toglierlo a tutti.
RispondiEliminaNon condivido affatto la sovrapposizione tra "stato" e "società nel suo insieme". Non solo, penso che il primo sia enormemente distruttivo per la seconda, ma non divaghiamo.
RispondiEliminaPer quanto mi riguarda il matrimonio è sostanzialmente presentarsi alla società come una famiglia, indipendentemente dall'esistenza dello stato (non per niente il matrimonio statalmente riconosciuto è nato millenni dopo rispetto al matrimonio stesso).
Detto questo, chiedere la pervasività statale in ogni aspetto matrimoniale per poi poterlo eliminare nel complesso, dal mio punto di vista, è sensato tanto quanto un medico che dice "prima uccidiamo del tutto il paziente, e dopo pensiamo a curarlo"
Tommaso Cabrini