sabato 15 settembre 2012

Par tera, par mar: San Marco!

di Paolo Amighetti

Il Veneto è sottosopra. Il 22 maggio Lodovico Pizzati ha presentato al governatore Luca Zaia ventimila firme a sostegno di una petizione popolare per l'indipendenza: dopo aver esaminato la questione, il dirigente leghista ha «passato la palla», come si suol dire, al consiglio regionale. Che non ha esitato a definire inaccettabile la richiesta di un referendum separatista, rispettando le aspettative degli indipedentisti più scettici. Ovvio, il pretesto è ancora l'incostituzionalità. L'articolo 5 parla chiaro, e il suo monito stanco recita: «la Repubblica è una e indivisibile». Niente di nuovo, d'accordo.

Bisogna però rendersi conto di una cosa. Venezia, città straordinaria con più di mille anni di storia alle spalle, non ha dimenticato né la sua lingua (in Veneto si parla veneto: in Lombardia, per esempio, si parla l'italiano), né la sua vocazione europea.


La stragrande maggioranza dei veneti pensa che «chi fa da sé, fa per tre»: e oggi il più grande freno alla crescita economica della vecchia Serenissima è lo stato italiano, con la sua burocrazia, il suo parassitismo, il suo centralismo, la sua inefficienza. Uno stato che chi vive a Treviso o Verona sente sempre più estraneo, sempre più lontano e minaccioso: un potere foresto che bussa alla porta per riscuotere le imposte, al quale bisogna opporsi con ogni mezzo.

Il solo fatto che in Veneto proliferino associazioni culturali e politiche determinate allo strappo con le istituzioni italiane è significativo: il sentimento anti-unitario trova dell'ottimo concime sia nell'entroterra che nella laguna. «Fora l'Italia dal Veneto», si legge sui muri; e il grido «Viva San Marco!» risuona sempre più spesso. La garbata proposta di un referendum per l'indipendenza è solo la punta dell'iceberg: le tendenze centrifughe del Nordest, che non hanno eguali nel Paese, non sono una trovata folkloristica della vecchia Łiga Veneta. Sarebbe ora di porre fine ad un'avventura sfortunata per la Serenissima, da quasi centocinquant'anni alla mercé della nomenklatura più arrogante e scalcagnata dell'Occidente. Un numero crescente di veneti se ne sta rendendo conto: aspettiamoci delle sorprese.   

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